TAV, sequestrata trivella a Firenze. 31 indagati in tutta Italia.

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Coinvolti dirigenti delle ferrovie e funzionari del ministero delle Infrastrutture. C’è anche il nome dell’ex governatore dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti. L’inchiesta partita dalla Toscana ipotizza i reati di truffa, corruzione, gestione abusiva dei rifiuti e associazione a delinquere. I rivestimenti delle gallerie “collassavano col fuoco”, ma nelle relazioni tecniche – sostiene l’accusa – sono stati occultati questi problemiTest “aggiustati” per occultare l’uso di materiali non conformi. Per l’inchiesta della procura di Firenze, i sigilli alla talpa e al cantiere. Ai Macelli l’ex preside della media Ottone Rosai si lamentava delle crepe nei muri.

FIRENZE – I rivestimenti destinati alle gallerie del tunnel Tav di Firenze erano inadeguati e pericolosi, perchè non abbastanza resistenti al fuoco e al calore. E’ quanto emerge dalle indagini della procura di Firenze sul passante ferroviario in costruzione nel sottosuolo di Firenze. Dall’inchiesta, coordinata dai pm Giulio Monferini e Gianni Tei e condotta dai carabinieri del Ros e dal Corpo Forestale, risulta anche che la maxi-fresa Monnalisa, che dovrebbe scavare i due tunnel paralleli, sarebbe stata montata con materiale in parte non originale, in particolare con guarnizioni inidonee a sostenere le pressioni dello scavo. E’ emerso inoltre che la quasi totalità del materiale di scavo è stata trasportata via con mezzi della Veca, una società della quale risulterebbero rapporti con ambienti camorristici.

Sono scattate questa mattina in diverse città italiane le perquisizioni per un’inchiesta partita dalla procura di Firenze sulla Tav. Trentuno indagati, fra questi funzionali del ministero delle Infrastrutture, dirigenti delle ferrovie. Tra i nomi di spicco Maria Rita Lorenzetti, ex governatore dell’Umbria e attuale presidente dell’Italferr, società del Gruppo Ferrovie, Valerio Lombardi, dirigente Italferr in qualità di responsabile unico del procedimento, i vertici delle società appaltatrici. I reati contestati ad alcune delle persone coinvolte vanno dalla truffa ai danni della pubblica amministrazione, alla corruzione, alla gestione abusiva dei rifiuti e all’associazione a delinquere.

Sono una trentina le perquisizioni e trentuno gli indagati, tecnici e funzionari del ministero. I carabinieri del Ros hanno sequestrato la maxi trivella (chiamata Monnalisa) del cantiere fiorentino che stava scavando il grande tunnel per il passaggio dei treni che dovrebbero poi arrivare alla stazione ferroviaria sotterranea. Le indagini sono condotte anche dal corpo forestale dello Stato.

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Le società. Perquisita la sede di Nodavia, la società che ha vinto la gara per realizzare il nodo fiorentino. Di questo gruppo fanno parte Ergon e Coestra, la capofila è Coopsette. Proprio Coopsette, attraverso la sua controllata Nodavia, sta realizzando l’intera opera: “un primo lotto per superare l’interferenza con la linea tradizionale, e un secondo lotto di cui fanno parte il vero e proprio passante sotterraneo, la nuova stazione AV e aree di stoccaggio. Il progetto dell’architetto Norman Foster si caratterizzerà per un’imponente copertura tecnologica ad arco. La nuova stazione sta sorgendo a poche centinaia di metri da Santa Maria Novella. Il valore dell’opera è di oltre 710 milioni di euro” così almeno si legge sul sito web della cooperativa.

Guarda come sarà la stazione progettata da Foster

I provvedimenti in corso di esecuzione sono stati firmati dal procuratore Giuseppe Quattrocchi e dai sostituti Giulio Monferini e Gianni Tei che già avevano indagato sullo smaltimento delle terre di scavo.

Gli indagati. A Maria Rita Lorenzetti, presidente dell’Italferr, la società di progettazione del gruppo Ferrovie, viene contestato l’abuso di ufficio, l’associazione a delinquere e la corruzione. “Svolgendo la propria attività nell’interesse e a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette mettendo a disposizione dell’associazione le proprie conoscenze personali i propri contatti politici e una vasta rete di contatti grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati e conseguendo altresì incarichi professionali nella ricostruzione dei terremoto in Emilia in favore del coniuge”. Indagati anche diversi funzionari ministeriali, fra questi Gualtiero Bellomo, della commissione Via del ministero, la commissione di Valutazione dell’impatto ambientale che, secondo l’accusa, in cambio di favori (“assunzioni di parenti, consulenze, riconferma nell’incarico al ministero”) “si metteva a disposizione per stilare pareri compiacenti” e declassificare per esempio i fanghi di perforazione in terra non inquinata e svelava anche chi, all’interno della commissione era di parere contrario”. Altro funzionario finito nell’inchiesta Ercole Incalza, 67 anni, ingegnere pugliese, già collaboratore di Matteoli e poi di Passera, dirigente del ministero delle infrastrutture confermato dal governo Monti, uno già coinvolto in inchieste agli albori della Tav ma sempre assolto.

I fanghi. L’inchiesta è partita da un accertamento della forestale e dell’Arpat sullo smaltimento dei fanghi nei cantieri della Tav fiorentina. Gli investigatgori del Ros hanno scoperto che le “ditte smaltitrici si dividevano in pieno accordo i quantitativi di fanghi e acque e si occupavano anche della loro raccolta, trasporto e smaltimento in discarica”. Fra queste in particolare l’attenzione di chi indaga si è accentrata sulla ditta Veca Sud diretta da Lazzaro Ventrone. La ditta, secondo l’accusa sarebbe “strettamente collegata ad ambienti della criminalità organizzata di tipo camorristico”. I legami sarebbero con il clan dei casalesi e con la famiglia Carturano.

Rivestimenti della galleria che collassano. Si chiamano “conci”, ed è il principale rivestimento prefabbricato della galleria Tav. Ebbene nelle pagine dell’inchiesta si legge che l’Europa dopo il disastro del tunnel del Monte Bianco ha imposto “specifiche tecniche di resistenza al fuoco e al calore” di questi rivestimenti. E’ una garanzia di sicurezza per il tunnel stesso.  Invece qui, sempre secondo le tesi dell’accusa, le percentuali di parti ignifughe nei componenti sono state abbassate (l’impianto che ha costruito i conci si trova nel Bergamasco, a Calcinate. “Il risultato non è solo un risparmio economico illecito per il subappaltatore (la ditta Seli di Roma), ma la fornitura di un prodotto concretamente pericoloso e non conforme alle specifiche contrattuali come risulta dalle prove a cui i conci sono stati sottoposti in laboratori sia in Germania, sia in Italia”. Poi le righe più preoccupanti della relazione: “Dai test ripetuti si è manifestato evidente il fenomeno dello spalling, ossia il collassamento della struttura dovuta al calore e al fuoco”. risultati noti ai dirigenti di Seli e di Italferr, ma coperti, mascherati nelle relazioni tecniche.

di FRANCA SELVATICI e LAURA MONTANARI

Tav, “i ragazzi in classe nonostante le crepe falsificati i verbali sulla stabilità della scuole”

I lavori nel cantiere dovevano essere sospesi perché la soglia di allerta per i movimenti sulla stabilità dell’edificio era stata superata.
Eppure, nelle aule della Ottone Rosai, i ragazzi e i prof ignari, hanno continuato a far lezione. Non potevano immaginare di “essere seriamente in pericolo”. Dovevano essere sospesi da subito i lavori per il grande tunnel nella zona dei Macelli. Invece sono andati avanti come se non fosse successo niente o peggio ancora, secondo le accuse che si leggono nei fogli dell’inchiesta, falsificando un verbale e posticipando la denuncia dal 29 agosto, giorno di superamento dei limiti di stabilità, al 15 settembre dello stesso anno, il 2011. Va detto che il danno causato dal cantiere alla palazzina scolastica non era tale da “determinare un concreto pericolo di crollo della struttura della scuola, tuttavia le crepe evidenti manifestate, hanno concretamente reso possibile distacchi di intonaco o di parti di vetrate che avrebbero potuto seriamente mettere in pericolo l’incolumità delle centinaia di persone che frequentavano la scuola, ragazzi e insegnanti” e anche personale non docente.

Il passante di Firenze, un megabuco sotto la città

Nel decreto di perquisizione si parla di comportamenti “negligenti”: “Il monitoraggio in corso dei lavori di scavo o di consolidamento preliminare del terreno è risultato essere stato fatto con modalità del tutto difformi dalle specifiche contrattuali e tale – ribadiscono gli investigatori – da esporre a grave pericolo anche l’incolumità delle persone”. I ragazzi nella scuola media Ottone Rosai, muri che confinano con il cantiere della Tav, facevano lezione dentro quella scuola con le crepe sui muri che la preside, allora Manuela Tarabusi (oggi in pensione), aveva subito denunciato chiamando i tecnici del Comune arrivati per il sopralluogo assieme a quelli della Nodavia, il gruppo di imprese incaricato dalle opere. Non sapeva la preside che c’era un’altra violazione e cioè che i lavori di scavo e consolidamento del terreno (preliminari al tunnel) non dovevano essere eseguiti quando gli studenti erano in classe perché erano una “violazione delle prescrizioni dell’Osservatorio Ambientale”. I reati contestati su questo punto sono di “frode per omesso o carente monitoraggio rispetto agli obblighi di fornitura e alle prescrizioni” e falso in atto pubblico per aver occultato l’omesso monitoraggio. Di questo dovranno rispondere a vario titolo Furio Saraceno presidente del cda di Nodavia, Valerio Lombardi e Gianluca Morandini, dirigenti dell’Italferr e Claudio Lanzafame, tecnico di Coopsette. “Mi sento tradita dai tecnici delle ditte che lavorano alla Tav – spiega la ex preside della Ottone Rosai – se avessi saputo che non potevano lavorare al cantiere con gli studenti a lezione avrei interrotto subito le attività didattiche, ma penso che siano state dette delle falsità anche ai tecnici del Comune. Abbiamo fatto tantissime riunioni e ci hanno tenuto all’oscuro”.
Le ferrovie annunciano un’inchiesta interna, ricordano che Rfi è “parte lesa” in questa inchiesta e che “sarà rivolta istanza alla Procura della Repubblica per una valutazione congiunta volta ad individuare gli adempimenti necessari per una pronta ripresa dei lavori dell’opera che, come noto, è di rilevante interesse nazionale”.

di LAURA MONTANARI

Nuova giornata di resistenza ad Arquata (AL)

terzovalicoLo avevano annunciato ieri e come sempre hanno tenuto fede alle promesse. Già a partire dalle 7 del mattino, prima ancora del sorgere del sole, i No Tav – Terzo Valico si sono ritrovati all’imbocco di Strada del Vapore per impedire agli operai di raggiungere la trivella bloccata ieri ed eseguire il sondaggio.

Nonostante la convocazione arrivata con poche ore di anticipo, con la solita generosità, si sono presentati all’appuntamento una sessantina di militanti di Arquata e degli altri comitati piemontesi e liguri. Gli operai della SubSoil s.r.l. di Reggio Emilia, ditta a cui sono stati subappaltati i lavori dalla Geotec, non si sono proprio fatti vedere e le forze dell’ordine si sono tenute a distanza.

Tutto è proseguito nel solito clima di festa che si respira ai presidi dei No Tav, fra una partitella a pallone (in mezzo al fango), i soliti fuochi accesi per riscaldarsi e ottime salsicce offerte dal comitato di Arquata con cui gli attivisti hanno pranzato.

Intanto una delegazione del comitato di Arquata recatasi in Comune riusciva a dipanare una volta per tutte  la matassa ingarbugliata delle autorizzazioni richieste dalla Geotec per l’esecuzione del sondaggio.

La Geotec ha presentato regolare richiesta per lo svolgimento del sondaggio e un tecnico del Comune di Arquata, senza avvisare il Sindaco Spineto (cosa gravissima), ha rilasciato regolare autorizzazione di Scavo su suolo pubblico alla Geotec. Stessa cosa dicasi per la richiesta di occupazione suolo pubblico. Peccato che con la classica modalità truffaldina che contraddistingue il signor Bordignon Fiorenzo e i suoi uomini hanno pensato bene di non comunicare l’avvio dei lavori (forse per paura che i No Tav venissero avvisati, cosa che è stata prontamente fatta dagli abitanti del luogo) e di non indicare il responsabile dei lavori. A questo si aggiunge che l’area occupata per lo scavo era ben superiore di quella richiesta: circa 27 metri quadri a fronte di una richiesta da 15 metri quadri (gli stessi Vigili di Arquata hanno verificato la cosa ed è probabile che seguirà una multa per l’infrazione).

A fronte di tutto questo l’amministrazione di Arquata si è impegnata, a seguito di un’ulteriore verifica che verrà fatta Lunedì Mattina, a sospendere l’autorizzazione al sondaggio.

Permessi o non permessi (il comitato di Arquata a conoscenza del rilascio dell’autorizzazione aveva comunque deciso di effettuare il blocco) è stata l’ennesima occasione per il movimento di dimostrare la sua vitalità e l’appoggio di cui gode fra la popolazione arquatese.

Nonostante la trivella fosse nascosta dietro un capannone in una strada periferica neppure raggiungibile con l’automobile, il comitato è venuto subito a conoscenza del tentativo di eseguire il sondaggio, dimostrando ancora una volta a Cociv e ai suoi scagnozzi che continueranno ad avere vita difficile nel piccolo Comune piemontese al confine con la Liguria.

Il movimento ha fatto ancora una volta la sua parte, rendendo anche palesi alcune difficoltà di comunicazione all’interno del Comune di Arquata fra tecnici e politici. Errori da cui impararare per rendere più incisiva la battaglia contro il Terzo Valico.

Lunedì sarà l’amministrazione comunale a dover fare la sua parte. Non c’è ragione per credere che questo non avvenga.

da www.notavterzovalico.info 

A sarà düra. Storie di vita e di militanza no tav

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Un libro che prova a raccontare, dall’interno, le dinamiche, i processi e il “fare politica” della più grande e significativa lotta di massa in corso in Italia. Non si espongono qui le ragioni tecniche e ambientali che dovrebbero legittimare il movimento no tav agli occhi di una presunta opinione pubblica. Altri l’hanno già fatto, compiutamente, meglio di noi. Ci poniamo piuttosto un  gradino oltre e addentro alla sua storia. Abbiamo tentato, con questa inchiesta preliminare, di indagare quegli aspetti solitamente confinati alla comunicazione via web, perlopiù nella forma del racconto/diario personale o nei siti di movimento: cosa spinge i singoli militanti, come si muovono le realtà (aut)organizzate, cosa cambia nei momenti in cui la lotta si fa più dura e intensa. Abbiamo scavato lì dentro, un po’ più selettivamente e in profondità. Per ricavarne una conoscenza accresciuta e indicazioni strategiche. Abbiamo cercato di far parlare il movimento attraverso alcuni dei suoi protagonisti. La scelta è necessariamente arbitraria, soggettive le interpretazioni, parziali le indicazioni che si avanzano. Non potrebbe essere altrimenti. Non si tratta ovviamente di una rappresentazione esaustiva, né era quella l’intenzione. C’interessava piuttosto avanzare alcune ipotesi sui caratteri che definiscono la politicità e l’incompatibilità dell’esperimento no tav con l’assetto sistemico esistente.

Le interviste sono state realizzate tra il marzo e il settembre del 2012 (eccetto una, nell’estate 2011). Per ragioni di spazio, non tutte hanno trovato spazio nella pubblicazione. Tutte sono però secondo noi degne di interesse e ricche di stimoli di riflessione e ricerca ulteriore. Per questo sono state raccolte, con altro materiale, nel sito www.saradura.it, dove ci auguriamo di proseguire questo lavoro di conricerca all’interno di un movimento che, siamo convinti, avrà ancora molto da dire negli anni a venire.

 Il libro consta di 320 pagine per 18 euro (in uscita nelle librerie nel mese di gennaio) a cura del Centro Sociale Askatasuna di Torino.

Riproduciamo, qui sotto, un pezzo dall’introduzione:

UNA VALLE IN MOVIMENTO

 

Non per principio, ma per la vita e l’esistenza stessa di un territorio, in  Val di Susa ci si mobilita da più di un decennio per impedire la costruzione di una linea ferroviaria ad Alta Velocità. Si tratta di  una comunità che ha consolidato un movimento di massa; contemporaneamente, la lotta no tav sta trasformando la comunità. Sono qui raccolte e presentate riflessioni e vissuti che provano a  raccontare questa esperienza. Si vuole far conoscere il movimento osservandolo dal suo interno e  allo stesso tempo ragionare sulle difficoltà e sulle possibilità future. In Val di Susa sta accadendo qualcosa di nuovo e inaspettato. In contrapposizione a quanto impongono media, partiti politici,  forze dell’ordine, industriali, amministratori delegati delle imprese, cooperative di costruzione e  magistratura, un movimento di massa cresce, confligge e, iniziativa dopo iniziativa, consolida la consapevolezza di poter vincere. Si tratta di un processo sovversivo perché cambia  le aspettative, i comportamenti,  concretizza una nuova legittimità e instaura  diversi rapporti di forza.

Alcuni protagonisti di queste lotte, come in un’assemblea, prendono qui la parola e intervengono sulle peculiarità e sulle prospettive di un  movimento  che progetta e costruisce per sé  una diversa cooperazione sociale. Sono legami umani, sociali e politici che si radicano concretamente tra la popolazione di un territorio, caratterizzati e finalizzati a costruire e diffondere una contrapposizione, attiva e partecipata. Credenze, esperienze, saperi, scienza altra, coscienza antagonista e resistenza popolare si amalgamano e costruiscono una nuova cultura di parte che potenzia e motiva la lotta, modi di ragionare e di essere che insieme definiscono un punto di vista collettivo che sa contrapporsi, tenere e maturare. La contrapposizione è netta, definita,  sostanziale. Questo consolida un’unità effettiva di intenti che lega e coinvolge soggettività anche molto diverse – le differenze convivono, si rispettano e si sostengono trovando possibilità per esprimersi e confrontarsi, definirsi con più solidità – ciò costituisce la forza del movimento che così si è esteso e ha espresso continuità. Proprio per queste sue caratteristiche il conflitto no tav preoccupa chi si ritiene padrone delle istituzioni. Il conflitto sociale è da questi considerato il cancro da isolare e annientare perché la sua diffusione propone un’alternativa realizzabile al sistema di  dominio attuale che, per garantire grandi profitti per pochi, sviluppa solo crisi, impoverimento e distruzione insensata di risorse collettive. Per le popolazioni della Val Susa il persistere del conflitto sociale genera una possibile alternativa concreta, che costruisce una diversa ricchezza: la formazione di una soggettività antagonista radicata e massificata, che diventa punto di riferimento e proposta di metodo per un nuovo agire sociale e politico. Costruisce un nuovo destino.

Presentiamo in questo libro un percorso in-concluso, anzi potremmo dire che siamo ancora ai prolegomeni di una ricerca artigianale, che si differenzia e contrappone alle fabbriche, alle imprese istituzionali che producono merce-informazione, merce-conoscenza e merce-scienza per sostenere logiche di consenso per il sistema, accumulazione di denaro e privilegi. Si propone di iniziare delle attività per la costruzione di saperi utili per qualcosa come una trasformazione radicale dell’esistente. Si tratta di produrre armi necessarie per poterci muovere e per combattere politicamente nel territorio sociale. Sono dei testi in-conclusi che hanno l’ambizione non solo di essere letti, ma di essere usati da chiunque pensi o sogni un altro mondo diverso da quello plasmato dal capitalismo. Ragionamenti collettivi per fornire degli strumenti da maneggiare, utilizzare, criticare e perfezionare, non per accattivare, non per propagandare o esibire cultura. Teoria per e nella prassi.

per organizzare presentazioni e dibattitti sul (o a partire dal) libro, scrivere a: librosaradura@gmail.com