DESENZANO ASSEMBLEA PUBBLICA VENERDÌ 26 MAGGIO: “IL LAGO E SCARICHI”

Il Comitato Ambiente e Territorio di Desenzano organizza

Scarichi a lago. Lago e spiagge usate per scaricare rifiuti fognari.
Venerdi 26 maggio 2017 alle ore 20.30 presso la Sala Brunelli in Via Carducci a Desenzano del Garda, il CAT Vi invita a partecipare ad un incontro pubblico dove verrà mostrata l’indagine aperta sugli scarichi a lago, quanto emerso dall’incontro con la municipalizzata Garda Uno e quello che sarà del percorso per arrivare ad una soluzione per questo vergognoso problema.

Per chi volesse maggiori informazioni qua un breve report dell’incontro avvenuto ad inizio maggio tra alcuni attivisti del CAT e funzionari di Garda Uno.

Gli affari sporchi di Saipem tra TAV e TAP

Dopo le cariche dell’altra notte (15-16 maggio) a Melendugno (LE) ai danni di chi protesta contro la realizzazione del gasdotto TAP, ripubblichiamo questo interessante articolo di fine 2016, tratto da Wallstreetitalia.com. Qui si riporta il rapporto stilato dall’ONG Bankwatch rispetto ai finanziamenti europei che riceveranno le ditte per la realizzazione delle infrastrutture del cosiddetto corridoio Sud del gas. Tra le ditte italiane, in forte odore di mafia, c’è anche Saipem, la controllata ENI che da anni ormai  naviga in forti difficoltà economiche e che fa parte del consorzio Cepav 2 (consorzio eni per l’alta velocità) che vuole realizzare la tratta TAV Brescia – Verona. Ricordiamo inoltre che il corridoio sud del gas prevede, nella bassa Lombardia, la realizzazione di numerosi hub di stoccaggio, con lo scopo di far diventare l’intera zona uno snodo logistico fondamentale per la distribuzione del gas. A Brescia il centro di stoccaggio più importante che vuole essere realizzato si trova a Bagnolo Mella (per maggiori info qui), ma riguarderà un’area di 25 km quadrati, tutti in zona sismica.

Aziende italiane con passato corruzione e sospetti mafia: così nascerà il TAP

16 dicembre 2016, di Laura Naka Antonelli

Tra le aziende che stanno lavorando per realizzare il “Corridoio sud del gas”, il maxi-progetto che collegherà l’Azerbaijan con la spiaggia di San Foca in Puglia, permettendo all’Europa di attingere alle riserve di gas naturale del Mar Caspio, compaiono anche Sicilsaldo, Bonatti e Renco. Aziende tutte italiane e aziende, stando a quanto mette in evidenza un rapporto stilato da Bankwatch, in passato finite nel mirino per sospetti su presunti legami con la mafia e che, nonostante ciò, sono sul punto di spartirsi una bella torta del valore di almeno 4,5 miliardi di euro. Si tratta di quei finanziamenti che le banche pubbliche europee -la Banca europea per gli investimenti (European Investment Bank- EIB) e la Banca europea di Ricostruzione e di Sviluppo (EBRD) – hanno proposto di erogare a favore del “Corridoio sud del gas” , progetto per la realizzazione di un gasdotto di 3.500 chilometri, concepito per trasportare il gas all’Europa dall’Azerbaijan, entro il 2020. Si tratta di un obiettivo ambizioso – e anche molto costoso – definito dalla Commissione dell’Unione europea “prioritario”. In particolare, la Banca europea per gli investimenti (European Investment Bank- EIB) ha proposto finanziamenti record di 2 miliardi di euro per il gasdotto Trans-Adriatico (TAP) e di 1 miliardo di euro per il TANAP, il gasdotto che attraverserà da est a ovest la Turchia. Un’altra banca, ovvero la Banca europea di Ricostruzione e di Sviluppo (EBRD) sta considerando l’erogazione di un prestito di 1,5 miliardi di euro. In totale, la realizzazione del gasdotto costerà più di 40 miliardi di euro.

Il report di Bankwatch, rete europea di Ong che controlla l’operato delle banche internazionali, denuncia proprio i finanziamenti che le banche pubbliche europee sono disposte a versare a favore di aziende con un passato discutibile. Del caso ne parla un articolo del quotidiano britannico The Guardian.

Passato discutibile di Saipem preoccupa l’Ong

Nel report compare anche il nome di Saipem, controllata di ENI, che lo scorso 14 aprile del 2016 si è aggiudicata la commessa per costruire la sezione offshore del gasdotto TAP, tra le coste dell’Albania e dell’Italia.

“Saipem costruirà circa 105 km di gasdotto a una profondità fino a 820 metri al di sotto del livello del mare”. E Saipem è la stessa finita al centro di diverse accuse di corruzione.

Bankwatch ricorda la multa da 600.000 euro che nel 2013 una corte di Milano ordinò a Saipem di pagare, oltre al sequestro di altri 24,5 milioni di euro di Snamprogetti, (acquistata da Saipem nel 2008) che aveva secondo le accuse pagato tangenti in Nigeria. Vale la pena riportare le motivazioni della Corte d’Appello di Milano, che ha confermato nel 2015 la condanna ad una sanzione pecuniaria di 600.000 euro e ad una confisca di 24,5 milioni di euro a carico di Saipem, società del gruppo Eni che ha incorporato Snamprogetti:

“Snamprogetti, assieme agli “altri tre soci” del Consorzio Tskj che si occupava di costruire un impianto di stoccaggio e trasporto del gas a Bonny Island nel sud della Nigeria, dietro la voce “costi culturali” avrebbe nascosto i “versamenti seguiti agli accordi corruttivi” a favore di politici e funzionari nigeriani per ottenere quei lavori”.

Bankwatch cita le altre accuse presentate nel 2015 contro Saipem e alcuni suoi dirigenti per il pagamento di tangenti a funzionari algerini per l’aggiudicazione di contratti del valore totale di 8 miliardi di euro da parte dell’azienda statale algerina Sonatrach: tangenti, secondo le accuse, del valore di 198 milioni di euro e versate tra il 2007 e il 2010. Riferimento da Bankwatch anche al processo che inizierà questo mese contro Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni ai tempi dei presunti pagamenti delle tangenti, con l’accusa sempre di corruzione, in un nuovo caso contro Saipem ed Eni. A tal proposito si riporta quanto ha scritto l’agenzia di stampa Radiocor lo scorso 5 dicembre:

Sono stati rinviati al 16 gennaio prossimo i due processi che vedono coinvolte Eni e Saipem sul presunto pagamento di tangenti in Algeria, in attesa della decisione del presidente del tribunale di Milano, Roberto Bichi, sull’invito ad astenersi rivolto dai legali delle due società al giudice della quarta sezione penale del tribunale di Milano Oscar Magi, davanti al quale si stavano celebrando i procedimenti. Il giudice Magi ha condiviso l’invito ad astenersi da questi processi proposto dagli avvocati di Eni e Saipem e ha inviato gli atti al presidente del tribunale che ora dovrà decidere su come procedere. L’invito al giudice Magi è stato motivato con il fatto che in passato si è già pronunciato in un processo per corruzione internazionale in Nigeria che vedeva coinvolta la società Snamprogetti, poi confluita in Saipem”.

Sempre Saipem ed Eni, nel 2011, erano state indagate dalla procura di Milano, insieme a Bonatti e Renco e altre aziende italiane, per corruzione internazionale nell’ambito dell’aggiudicazione di contratti per lo sfruttamento delle risorse in Iraq, Kuwait e Kazakistan.

Bankwatch scrive che “Renco, Saipem e altre cinque aziende italiane (Tecnimont, Ansaldo Energia, Elettra Progetti, Siirtec e Prysmian) vennero accusate di aver aiutato Eni a corrompere alcuni funzionari esteri”.

Bonatti: “notizie prive di fondamento”

Coinvolta anche Bonatti, incaricata della costruzione di un gasdotto di 760 chilometri. L’azienda parmense, che insieme ad ENI opera in Libia, aveva subappaltato insieme alla Di Vincenzo di Chieti alcuni lavori aggiudicati con una commessa per la realizzazione della stazione di Parma, a Edilperna e Acropoli. Nel 2011, i lavori vennero bloccati con una interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Emilia e confermata dal Tar contro Edil Perna e Acropoli. Motivo: legami di parentela stretti tra i titolari dell’aziende e alcuni clan mafiosi. Da segnalare che sia i titolari di Acropoli ed Edil Perna non furono direttamente collegati alla criminalità organizzata, anche se il proprietario di Edil Perna è il genero di Aurelio Domicoli, uomo legato ai clan di Gela che nel 1990 era rimasto gravemente ferito in una strage di mafia.

L’articolo del Guardian ricorda anche l’arresto di due imprenditori subappaltatori della Bonatti in Sicilia, per associazione mafiosa. La sentenza aveva ordinato di trasmettere gli atti del processo alla Procura della direzione distrettuale antimafia di Messina perché indagasse sui rapporti fra i due imprenditori e la stessa Bonatti. Nel report di Bankwatch si legge che ancora prima, nel 2010, alcuni pentiti della mafia, nel corso delle loro testimonianze, avevano citato la Bonatti come una delle aziende che avevano stretto accordi con la mafia riguardo alla costruzione di alcuni nuovi palazzi a Palermo, negli anni Novanta. Nel rapporto compare anche l’altra interdittiva antimafia che aveva colpito sempre Edil Perna nel ruolo di subappaltatore di Bonatti per la costruzione di un ospedale a Verona. Bonatti dice che le notizie su eventuali controllate riportate nel report dell’Ong sono “prive di ogni fondamento”.

Lo scrive in una nota il Gruppo Bonatti, che precisa: “né Bonatti né nessuna delle sue controllate sono mai state coinvolte nei fatti citati, e mai hanno subito o stanno subendo procedimenti giudiziari di alcun tipo riferibili alle vicende citate”.

Renco: “estranei ai fatti”

C’è poi il caso Renco, che “ha operazioni in tutto il mondo, inclusi l’Armenia, il Kazakistan, il Congo, la Nigeria, la Libia, l’Angola, il Belgio, la Svizzera, la Colombia e il Qatar” e il cui attuale ceo, Giovanni Rubini, stando a quanto risulta da alcune intercettazioni, avrebbe cooperato con una cooperativa legata alla mafia. Rubini figura tra l’altro nell’elenco degli imprenditori considerati vicino a Salvatore Buzzi, tra i tentacoli più potenti della piovra che ha stretto Roma.

La società si è difesa puntualizzando in una nota di non essere mai stata coinvolta dalle vicende giudiziarie relative ai fatti citati dal report, “nè tanto meno la Renco è stata mai interessata da vicende giudiziarie come Mafia capitale. Sono altresì infondate le accuse nei confronti dell’amministratore delegato. Il report di Bankwatch lede la nostra immagine di azienda impegnata da quarant’anni nel settore Oil & Gas. Non si può contrastare il Tap infangando l’immagine di Renco e di altre aziende impegnate nella realizzazione di questa opera”.

Infine c’è Sicilsaldo: l’attuale direttore generale della società è Emilio Brunetti, figlio di Angelo Brunetti, che ha gestito la società fino al 2008 dalla sua creazione, in Sicilia, nel 1994. Ebbene, scrive Bankwatch, la polizia italiana ha descritto Angelo Brunetti “completamente soggiogato a Cosa Nostra Catania”, aggiungendo che “secondo i media locali, Brunetti non ha fatto mai parte di Cosa Nostra, ma ha pagato sempre il pizzo”. Bankwatch tuttavia precisa:

“Angelo Brunetti potrebbe essere considerato un imprenditore che ha accettato la presenza della media e ha deciso di pagare la tassa alla mafia (il pizzo) per ragioni di sicurezza“.

Per il rapporto completo di Bankwatch, CLICCA QUI

Oltre 15000 in corteo sabato in Val Susa: fermarci è impossibile!

da notav.info – Si è conclusa da poco, dopo una pioggia battente, una grande manifestazione che ha sfilato da Bussoleno a San Didero dimostrando ancora una volta di che pasta sono fatti i notav.

In oltre 15000 (4000 per la questura chiaramente ) abbiamo dato vita ad un corteo che ha ribadito ancora una volta lo slogan con cui lo avevamo indetto”C’eravamo, ci siamo e ci saremo sempre” ed oggi lo abbiamo dimostrato con i fatti.

Nonostante i presupposti per un grande corteo, la pioggia incessante presente fin dal mattino presto ci ha messo in apprensione fino a quando, con quella forza e quella magia che abbiamo dimostrato molte volte, la statale tra i due paesi si è popolata all’inverosimile.

Tanti Valsusini e Valsusine, famiglie intere, passeggini, giovani ed anziani, ma anche tutti i sindaci dei nostri comuni, il vice sindaco di Torino, una consigliera del Comune di Napoli, altri amministratori delle zone terremotate, e tanti comitati di ogni parte d’Italia hanno reso questa manifestazione un vero e proprio successo.

Abbiamo toccato con mano, confrontandoci tra di noi, cosa vuol dire investire i soldi pubblici in un’opera inutile e devastante togliendoli a cose veramente utili: le testimonianze delle mamme della “terra dei fuochi” ci hanno colpito  in particolar modo. Lì le bonifiche non vengono fatte per mancanza di fondi e volontà, qui in valle un buco inutile drena più denaro pubblico di una manovra finanziaria annuale. Le terre colpite dal terremoto sono da ricostruire e buona parte del nostro Paese è da mettere in sicurezza, eppure qui un esercito di polizie difende quell’infame cantiere, un vero e proprio scempio rispetto a quanto detto.

I No Tap sono giunti dal Salento trovando qui una comunità in lotta che li ha accolti a braccia aperte, rivedendo in loro gli inizi del nostro movimento. E ancora i No Grandi Navi, gli attivisti contro la Piana delle nocività di Firenze, i nostri amici del No Terzo Valico; i giovani cagliaritani che si battono contro le basi militari in Sardegna e tanti altri.

Tutti uniti dalla stessa voglia di prendersi cura del proprio territorio, del proprio presente e del futuro di tutti.

E ci siamo riusciti, dando vita ad una giornata importante, che non solo ci ha fatto trovare dei punti in comune, ma ci ha dato lo spirito giusto per continuare questa battaglia con determinazione e un grande sorriso, alla faccia di chi ci racconta come un ormai sparuto gruppo di attivisti.

La manifestazione si è conclusa con una grande Amatriciana solidale, cucinata dalle BSA e dai notav, il cui ricavato andrà a sostenere le popolazioni terremotate.

Un altro passo in avanti di un movimento incapace di rassegnarsi o arrendersi, ma pronto a rilanciare in avanti un programma chiaro di resistenza e lotta.

Avanti No Tav! Fermarci è impossibile!

 

Ricorso al TAR: rigettato! La lotta contro il TAV non si fermerà qui!

Dopo molti mesi d’attesa da quel lunedì 9 gennaio 2017 in cui eravamo presenti a Roma per discutere l’udienza al TAR, presentato dal Coordinamento No Tav Brescia-Verona insieme a comitati territoriali che si battono per la difesa dell’ambiente, alcuni parlamentari del Movimento 5 stelle e molti possibili espropriati di terreni o attività sulla tratta è arrivata dopo molti mesi d’attesa la notizia che il TAR del Lazio ha rigettato il ricorso.

Ricordiamo, in breve, che il ricorso al Tar era stato presentato contro diversi provvedimenti: a partire dal decreto con cui si dava via libera al Cipe per l’approvazione del progetto definitivo e per la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, passando per la delibera per l’ennesima reiterazione del vincolo di esproprio presente sulle proprietà interessate a partire dal 2001, fino ad arrivare al decreto che aveva espresso il parere di compatibilità ambientale (VAS).

Nonostante a gennaio avessimo chiesto il rinvio dell’udienza, considerando che Cepav 2 aveva depositato la memoria difensiva soltanto in data limite 23/12/2016 limitando quindi il diritto di difesa e la possibilità di rispondere alla stessa, dopo alcuni dubbi, la Presidente del Collegio Elena Stanizzi aveva deciso di non accettare il rinvio e quindi di avviare la discussione.

La discussione era stata molto vivace da parte nostra, mentre la controparte aveva continuato a ribadire l’idea di inammissibilità del ricorso appellandosi esclusivamente all’eterogeneità dei soggetti ricorrenti e ai presunti conflitti di interesse degli stessi, senza minimamente prendere in considerazione i numerosi punti portati ad appello.

Ai tempi ci era sembrata molto curiosa la presa di posizione di Cepav 2, ma l’avevamo giustificata come un “arrampicarsi sugli specchi” visto che sulle questioni poste non c’era molto a cui potevano appellarsi.

Avevamo anche ben sottolineato durante la discussione avuta durante l’udienza che l’eterogeneità dei soggetti ricorrenti fosse un valore aggiunto del ricorso che ben dimostrava che l’interesse comune è legato alla sopravvivenza e tutela di un territorio come elemento necessario e imprescindibile per ogni tipo di attività, pubblica o privata che sia.

Era stata portata anche alla luce la vergognosa mancata valutazione dell’opzione zero, la violazione delle norme europee sugli appalti pubblici, la mancata o parziale ottemperanza alle prescrizioni da parte di Cepav2 e il grave pregiudizio al territorio derivante dalla procedura dei lotti costruttivi.

Ad oggi, il ricorso è stato rigettato dal TAR, ma nonostante la sentenza sia molto complessa e nonostante lo sforzo di rispondere ai motivi del ricorso, essa a nostro parere non è né condivisibile né tanto meno convincente.

Ci sono innanzitutto alcuni vizi di forma che non rendono lineare, e quindi tanto meno convincente, il discorso fatto: leggendo la sentenza infatti si nota che per respingere il ricorso il TAR ha utilizzato talvolta motivazioni che sono usate anche per sostenere principi opposti, mentre in altre parti vengono respinti i motivi del ricorso pretendendo di rendere immodificabile la situazione approvata oltre 14 anni fa riguardo al progetto.

Vengono inoltre rigettati alcuni fondamentali motivi quali ad esempio quello sull’opzione zero non prevista nella Valutazione di Impatto Ambientale, ritenendo che il vizio avrebbe dovuto essere proposto nel 2003, dimenticandosi che a causa delle modifiche sostanziali apportate al progetto dell’Alta velocità è stato impugnato un parere VIA diverso da quello del 2003.

Davanti a “errori” del genere come possiamo pensare che questa risposta sia veramente ponderata su basi solide e concrete che vadano a tutelare noi e la nostra terra?

Ma andando avanti troviamo che è stata dichiarata inammissibile anche la richiesta di sottoporre alla Corte di Giustizia la questione dell’affidamento diretto dell’opera ai Contraenti Generali in quanto i ricorrenti non avrebbero la legittimazione attiva a contestare tale affidamento, creando in questo modo una gravissima limitazione al diritto di difesa dei cittadini direttamente interessati dall’esproprio e limitando di fatto la possibilità di contestare tale affidamento solo ai pochissimi soggetti in grado di partecipare ad una ipotetica gara di appalto di 4 miliardi di euro.

In questa risposta è palese che venga altresì dimenticato che le modalità di affidamento incidono direttamente e non solo astrattamente anche sui soggetti lesi dall’esproprio.

Il TAR, inoltre, sulla base dell’elevato grado di discrezionalità tecnica in possesso dell’Amministrazione pubblica ha omesso di valutare i gravi vizi della valutazione ambientale ed ha affermato che gli aspetti di dettaglio delle varie prescrizioni potranno essere sviluppati anche al livello di progettazione successivo costituito dal progetto esecutivo, dimenticando però che la disciplina legislativa impone determinate verifiche già con il progetto definitivo.

E invece il TAR legittima la costruzione di questa grande opera risolvendo i problemi “strada facendo”. Davanti a questo punto vorremmo anche ribadire che se le amministrazioni comunali di tutta la tratta, avessero aderito, con una spesa di ben 50 euro, al ricorso che abbiamo fatto, questo avrebbe sicuramente avuto un impatto, e forse anche una risposta diversa, davanti al TAR, ma purtroppo abbiamo visto che i nostri amministratori vanno a Roma solo per racimolare qualche mera compensazione in cambio della distruzione del nostro territorio e del suo futuro.

Vergognoso, a nostro parere, è come siano state liquidate le censure di carattere ambientale come la salvaguardia del Sito di Importanza Comunitaria del Laghetto del Frassino, la bonifica della Galleria di Lonato o l’eliminazione dei possibili effetti negativi della vicinanza dei cantieri alle aree destinate a parco, sostenendo che esse saranno oggetto di specifici approfondimenti e di apposite misure di mitigazione, dimenticando però che si tratta di approfondimenti che dovevano essere contenuti già nel progetto definitivo in quanto il progetto esecutivo non sarà sottoposto alla stringente procedura amministrativa del progetto definitivo.

Anche nei confronti delle censure riguardanti gli espropri e la distruzione dei vigneti il TAR ha rinviato ad un momento successivo l’elaborazione di criteri condivisi con le associazioni di agricoltori dimenticando che il progetto preliminare imponeva tale adempimento con il progetto definitivo e non in un momento successivo. Ma è ben chiaro che chi costruisce quest’opera non ha alcun interesse a tutelare o guadagnare meno per salvare parti del territorio o gli interessi dei singoli, quindi questa risposta è a maggior ragione inaccettabile.

Infine, il TAR ha respinto la censura sul mancato espletamento in via preventiva della Valutazione Ambientale Strategica sul progetto dell’opera pubblica ritenendo che essa non era necessaria ma dimenticando che la VAS avrebbe dovuto essere fatta quantomeno con l’approvazione del progetto definitivo.

Sottolineando in ultimo, in totale assonanza alla controparte contro cui stiamo combattendo questa lotta, il TAR avvalora l’assenza di validità ai motivi del ricorso vista l’eterogeneità di interessi dei diversi ricorrenti. Non servono a nostro parere molti commenti a riguardo.

La sentenza del TAR Lazio a nostro parere non è condivisibile e verrà quindi appellata al Consiglio di Stato. Chiederemo inoltre l’intervento della Corte di Giustizia Europea dei Diritti dell’Uomo.

Ma come avevamo già detto quel famoso 9 gennaio, al di là del risultato, sapremo con sempre più determinazione portare avanti le ragioni della nostra lotta, anche avvalorati dall’ennesima dimostrazione che gli interessi dietro questo progetto riescono a superare anche la legge stessa.

Ma non per questo ci arrenderemo, anzi, questa è l’ennesima mossa che ci da sempre più modi per far sapere a tutt* che siamo dalla parte giusta, e che non state difendendo né le persone ne l’ambiente, ma solo interessi economici, politici e mafiosi.

Ai sindaci NOTAV d’Italia: invito alla manifestazione del 6 maggio

Qui di seguito l’invito rivolto dai Sindaci dell’Unione Montana della Val di Susa ai sindaci di tutta Italia.

L’invito è quello di partecipare alla manifestazione del 6 maggio da Bussoleno a San Didero perchè fermare la Torino Lione e utilizzare le risorse pubbliche in un altro modo, riguarda tutti i grandi e i piccoli comuni del nostro Paese, stretto tra patti di stabilità e scelte calate dall’alto sui territori.

 

 

Bussoleno, 27 aprile 2017

Ai Sindaci
MARCIA NO TAV
Cari Colleghi,

stiamo vivendo un momento molto difficile sia da punto di vista amministrativo che politico e i Comuni sono i punti di osservazione privilegiata per capire le dinamiche e i problemi della nostra società e dei Cittadini.

In caso di forti piogge siamo in ansia perché quello che è stato fatto per frenare il dissesto idrogeologico è insufficiente, ogni volta che la terra trema per terremoto sappiamo con certezza che molte persone non avranno più una casa e i rapporti sociali ed economici di intere comunità saranno distrutti.

Dalla cronaca rileviamo con grande preoccupazione notizie su crolli dei viadotti, cedimenti di soffitti delle scuole, tempi biblici di attesa per le visite specialistiche, incertezze sulle pensioni e sui risparmi in banca.

Registriamo un tasso di disoccupazione dei giovani a livelli mai visti e una progressiva sfiducia in un futuro di lavoro certo e dignitoso.

In Val di Susa ogni giorno osserviamo un cantiere del TAV a pochi passi dalle nostre case, e vediamo l’enorme sproporzione d’investimenti per questa opera che riteniamo inutile a fronte delle vere necessità del nostro paese.

Nella nostra valle manca molto, ma non mancano certo le vie di comunicazione: un’autostrada, due statali e una ferrovia ci collegano con la Francia e costituiscono una rete moderna di trasporto passeggeri e merci; eppure ancora oggi, con un progetto vecchio di anni, si insiste sulla necessità, non dimostrabile, di una nuova ferrovia per le merci e passeggeri.

Riteniamo indispensabile in questa fase storica dare risposte a chi si trova senza lavoro o senza casa, o a chi ha perso tutto per una calamità naturale, dare accoglienza a chi è in fuga da guerre e fame, ridurre il costo del lavoro, investire sulla sanità e sulla scuola. Ci opponiamo a questo progetto perché ogni euro speso per il TAV è un euro sottratto a qualcosa di utile agli Italiani.

Crediamo sia giunto il momento di rimetterci nuovamente in marcia per la nostra Valle e non solo, perché le nostre ragioni della protesta di ieri sono immutate, anzi, oggi sono ancora più forti. Vi invito quindi con i vostri consiglieri, la fascia tricolore e il gonfalone del vostro Comune,

sabato 6 maggio 2017, con partenza alle ore 14:00

per una grande manifestazione popolare di protesta dalla Piazza della Stazione di Bussoleno sino a San Didero.

Cordiali saluti.

Sandro Plano

 

Ricordiamo che da Brescia partirà un pullman per partecipare alla manifestazione in Val Susa, prenotatevi!

6 maggio 2017 marcia nazionale #notav. Dobbiamo esserci.

Manifestazione nazionale No Tav, 6 maggio 2017

tratto da http://www.wumingfoundation.com

L’assemblea popolare del movimento No Tav chiama tutt* noi a un appuntamento decisivo.

È ora di tornare sulla strada. È tempo di riempire di corpi, voci, musica, bandiere e colori la Statale 25, quella via che solca sagittalmente la Val di Susa, diretta al Moncenisio, e collega molti dei comuni minacciati dall’Entità.

Si torna a marciare, come agli albori del movimento, perché dopo gli «anni della Clarea» (2010-2016), i recenti preavvisi di esproprio e i blitz delle trivelle fra Rivoli e Rivalta spostano di nuovo la battaglia sui fondivalle e in campo aperto.

Una mossa che la controparte ha meditato a lungo, al tempo stesso desiderandola – perché le betoniere devono fare glush glush e le ruspe vrum vrum – e temendola, perché giù nella piana Lorsignori Sì Tav hanno rimediato solo sconfitte.

Asserragliata lassù in Val Clarea – una gola supermilitarizzata tra Giaglione e Chiomonte – l’Entità poteva subire “solo” azioni di disturbo; azioni fantasiose, radicali, che spesso hanno messo in difficoltà e ridicolizzato l’elefantiaco apparato di sicurezza, ma alle quali non poteva partecipare l’intera popolazione contraria all’opera.

In bassa valle è diverso: in bassa valle c’è il popolo, quel popolo No Tav che ha già fermato, fatto ritirare o costretto a rivedere diversi progetti, due dei quali giunti alla fase definitiva. Su tutti, quello ritirato dopo l’8 dicembre 2005, quando decine di migliaia di persone riconquistarono il presidio di Venaus sgomberato manu militari due notti prima.

Oggi anche la controparte riconosce – strumentalmente, per lodare quello attuale – che il vecchio progetto era sbagliato, troppo costoso, troppo impattante… senza aggiungere grazie a chi fu ritirato. Le vittorie dei No Tav sono, alla lettera, inammissibili.

8 dicembre 2015, corteo per il decennale della riconquista di Venaus. Foto di Luca Perino. Clicca per ingrandire.

Grazie alla continua spinta dal bass della lotta, anche il progetto attuale ha perso pezzi importanti, uno dopo l’altro. Ormai non si tratta più di realizzare la «Nuova Torino-Lione» (men che meno «ad alta velocità»: si continua a dire «TAV» ma da anni il progetto non ha più quelle caratteristiche). No, ormai si vuole soltanto scavare un tunnel di base fine a se stesso da Susa a St.Jean-de-Maurienne, e tirare su una faraonica, insensata «stazione internazionale» a Susa.

E il resto del progetto?

Alcune parti non sono mai esistite – ad esempio la tratta francese, per la quale non esiste nemmeno un progetto preliminare – e altre non esistono più, dopo svariati tagli che il ministro Delrio ha chiamato «intelligenti rivisitazioni». In occasione dell’annuncio più recente, Delrio ha dichiarato: «useremo gran parte della linea esistente [per fare l’opera] nei tempi giusti, con i costi minori e che siano davvero utili».   «Avevano ragione i No Tav, ma guai ad ammetterlo!».

Va fatto notare che del tunnel di base non è ancora stato scavato un solo centimetro. I buchi fatti nelle montagne sono «cunicoli esplorativi», che tuttalpiù diventeranno «canne di servizio».
Non solo del tunnel di base non è stato scavato un solo centimetro, ma non è stato aperto nemmeno il cantiere.
Tenetelo a mente, quando sentirete i giornalisti asserviti e gli stefaniespositi dire che «i lavori sono a buon punto», «ormai non si può tornare indietro» ecc.

Quanto alla «stazione internazionale», sono appena arrivati i preavvisi di esproprio dei terreni. Per costruire quel catafalco destinato a inutilizzo e fatiscenza, si vuole spostare l’autoporto di Susa. 86 milioni di euro per 68mila metri quadri di ulteriore cementificazione.

A Susa, Bussoleno e San Didero le risposte ai preavvisi sono state chiare e nette [qui, qui e qui]. Le amministrazioni locali, i comitati di lotta e i proprietari dei terreni hanno risposto picche.

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E così, si torna a marciare. Come il 23 marzo 2013, con la differenza che quel giorno si andò da Susa a Bussoleno, mentre stavolta si andrà da Bussoleno a San Didero.

Negli ultimi mesi in valle e dintorni sono successe tante cose. La repressione poliziesca e giudiziaria continua, la disinformazione dall’alto impazza. Ne daremo conto.
Per ora, ci limitiamo a dire che è importantissimo essere a Bussoleno sabato 6 maggio 2017.

Dai quattro angoli della Penisola verranno organizzati pullman , passaggi in auto e quant’altro. Restate sintonizzati sui siti del movimento. (maggiori informazioni QUI per il pullman da Brescia)

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In un’Italia devastata dall’ossessione per la «sicurezza» e schiacciata dalla politica della paura, dove con il silenzio complice dei media si attenta gravemente alla libertà di manifestare [leggi qui, qui e qui], è importantissimo quel che scrive notav.info:

«Annunciamo da subito che non accetteremo questo tipo di divieti e di limitazione dei diritti alla libera circolazione e alla libertà di manifestare il proprio pensiero, e ci organizzeremo e ci tuteleremo per permettere a tutti e tutte la partecipazione alla manifestazione.»

Si parte e si torna insieme.

Costruiamo il miglior preludio ad Alta Felicità.

23 marzo 2013, la grande marcia da Susa a Bussoleno. Otto chilometri di statale gremiti di folla. Clicca per ingrandire.