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NUOVA DISCARICA A CALCINATO: VOGLIAMO BONIFICHE E SALUTE, NON OPERE INUTILI E DANNOSE!

Questa mattina abbiamo fatto una conferenza stampa come Coordinamento No Tav Brescia – Verona insieme al Comitato Cittadini Calcinato per denunciare l’ennesimo problema ambientale del nostro territorio collegato alla costruzione del TAV Brescia-Verona.

Negli anni passati gli esposti e i ricorsi effettuati avevano già denunciato la presenza di numerosi siti da bonificare, circa 40 su tutto il tracciato che va da Brescia a Verona.

Ma ogni volta che si scava in un nuovo punto esce qualcosa di non previsto…dai reperti archeologici, a nuove discariche e non solo.Come ben evidente dalle foto allegate nei lavori a Calcinato, dove parte di questo materiale è visibile ma la gran parte è solo parzialmente visibile, sono presenti:

⚠️ rifiuti come taniche e contenitori di plastica

⚠️ terriccio o fanghi o similari

⚠️ marmo in polvere

⚠️ gomme, teli e stracci.

🔋 vecchi prodotti della Bayer e batterie

⚠️ alcuni contenitori evidenziano etichette di rifiuto pericoloso, contenuto o che conteneva.

(trovate le foto alla fine dell’articolo)

⚠️💧⚠️Inoltre all’interno del ex boschetto, all’interno della cava, vi è la presenza di una piccola buca con ❌dell’ACQUA PULITA❌ seppur da mesi non abbia piovuto. Le foto risalgono anche prima dell’inizio del periodo di irrigazione (foto e video di marzo). La presenza di germogli di carici, evidenza una zona umida che si è formata da tempo. Da non esperti riteniamo plausibile che il tutto si sia verificato per la presenza di teli impermeabili nel sottosuolo che hanno determinato tale situazione (a conferma di chissà cosa ci sia sotto).

💣Si informa inoltre che alcuni cittadini ci hanno segnalato, in anonimato, che durante i lavori per opere di cantierizzazione della linea AV/AC a Calcinato siano stati ritrovati notevoli quantità di ❌AMIANTO❌ sotterrato nei terreni e venuti a galla durante gli sbancamenti. TUTTO QUESTO AVVIENE IN CANTIERI SEMPRE APERTI, SENZA SICUREZZA PER CHI VIVE QUESTI TERRITORI E CON GRANDI DUBBI DI COME VERRA’ GESTITO IL TUTTO, VISTA LA MANCANZA DI TRASPARENZA DI AMMINISTRAZIONI E COSTRUTTORI!

Chiediamo:

‼️ vengano rispettati gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale;

‼️ si indaghi per trovare i responsabili di questo ennesimo scempio ambientale, che dovranno pagare per quanto fatto;

‼️ qualora non si trovino i responsabili che la bonifica dovrà essere eseguita dalla Pubblica Amministrazione, ricordando anche che l’omessa bonifica è classificata reato dall’art 257 del Codice dell’Ambiente.

‼️ MA COME SEMPRE A GRAN VOCE CHIEDIAMO CHE VISTI I TANTI PROBLEMI CHE SOLO IN QUESTA FASE PRECOCE STANNO EMERGENDO SI PRENDA DAVVERO IN CONSIDERAZIONE DI FERMARE LA COSTRUZIONE DI UN OPERA INUTILE E DANNOSA E SI DIA LA PRIORITA’ AL FUTURO E ALLA SALUTE DI QUESTI TERRITORI!!!

#NOTAV#CALCINATO#DISCARICA#LAVORITAV#NOTAVBRESCIAVERONA#BONIFICHE#BASTAVELENI#BRESCIA#TERRADEIBUCHI#INQUINAMENTO#BONIFICHEAMBIENTALI#ALTAVELOCITA#SALUTE

UN ALTRO PONTE CROLLA: STRAGE EVITATA SOLO PER LA QUARANTENA! ORA BASTA!

E’ triste, è molto triste avere ragione in un periodo simile. Da anni denuciamo i tagli pesanti fatti alla #sanità pubblica, all’#istruzione e alla messa in sicurezza del territorio nazionale per finanziare grandi opere inutili. Opere costruite dissanguando le risorse pubbliche con prezzi gonfiati, aggiunta di opere accessorie inutili, corruzione delle imprese coinvolte con la criminalità organizzata.

MILIARDI di euro sottratti alla messa in #sicurezza del #territorio e delle #strade su cui ogni giorno dobbiamo transitare.


Il ponte di #Aulla solitamente è molto trafficato, solo per effetto delle restrizioni dovute al covid19 era quasi deserto.

Al momento risulta ferito un autista, al quale facciamo gli auguri di guarigione.


Il governo attuale e i succesivi DEVONO invertire la rotta a favore dei reali bisogni delle persone, NON VOGLIAMO PIU’ DIRE CHE AVEVAMO RAGIONE.


Basta con le grandi opere inutili, i soldi del tav ai nostri bisogni!


#notav #notavbresciaverona #isoldideltavainostribisogni #grandiopereinutili

Ponte di Massa Carrara © ANSA

Marcia no tav a Lonato: fermatevi! Noi non ci fermeremo!

A distanza di cinque anni dalla prima marcia No Tav sul Basso Garda, ieri siamo tornati a manifestare, questa volta nel territorio di Lonato dove, nelle ultime settimane, sono iniziati i cantieri del Tav.

Questo paese lacustre è guidato da un’amministrazione che oggi, come negli ultimi anni, gestisce le questioni pubbliche favorendo la cementificazione in nome del profitto economico. La linea ferroviaria ad Alta Velocità Brescia-Verona infatti non porterà alcun beneficio alla comunità locale o al turismo. La galleria di 7 chilometri a Lonato infatti, appoggiata da Sindaco e Giunta senza spiegazione di utilità alcuna, creerà espropri, problemi alle falde acquifere, disagio per il passaggio quotidiano di centinaia di tir negli anni di cantiere, inquinamento dell’aria e danni al turismo.

In questa situazione di mancanza di cura per il bene comune, di mancanza di partecipazione delle comunità nei processi decisionali politici, abbiamo sfilato per le vie del paese fino ad arrivare al cantiere per ribadire la nostra contrarietà.
Il cantiere ad oggi è una gigantesca distesa di terra espropriata ai lonatesi scavata e sollevata in ogni ora del giorno e della notte con passaggio di tir in strade non previste e contromano, e con “disagi” come il taglio “accidentale” dei cavi dell’energia elettrica alle abitazioni ed attività limitrofe. Sappiamo bene che questi cantieri preliminari non sono nulla in confronto ai veri lavori che l’alta velocità potrebbe portare sui nostri territori qualora il progetto proseguisse.

Così ieri, arrivati al cantiere sono state simbolicamente lanciate palle di terra e semi dove sorgono cumuli di terra scavata e dove un tempo c’erano campi coltivati, nella speranza che la natura sia più forte del profitto e del malaffare e continui a lottare, insieme a noi.
Ma la rabbia di vedere la nostra terra distrutta, lo sdegno di sapere che quest’opera non serve e probabilmente non verrà mai finita ci ha dato quel coraggio di riprenderci, anche solo per un momento, qualcosa che è della collettività: la nostra terra e il suo futuro. E così tra cori, sorrisi e anche un po di commozione ci siamo riappropriati di un pezzo di area cantierizzata ricordando ai lor signori del TAV che gli unici che si devono fermare sono loro, perché noi, come abbiamo detto, non ci fermeremo. Abbiamo lasciato sul terreno simbolicamente a monito i nostri Spaventav, perché continueremo a vigilare ed essere presenti.

Sproporzionato come sempre l’apparato di sicurezza messo in campo per il corteo di ieri con decine di celerini, elicottero della polizia sempre presente e Sindaco impegnato in prima persona a chiedere ai negozianti di chiudere le attività al passaggio del corteo per fomentare la paura e la diffidenza verso i propri stessi compaesani, rei colpevoli di chiedere spiegazioni su queste decisioni politiche speculative.

Come 5 anni fa ribadiamo la nostra contrarietà a questa grande opera inutile e come 5 anni fa sosteniamo che quest’opera si può fermare, costa ancora meno fermarla che farla e siamo ancora in tempo perché questi lavori sono solo una precantierizzazione.

Avevamo e abbiamo tutte le ragioni per proseguire nella nostra lotta, forti anche dei risultati dall’analisi costi benefici che ha bocciato ufficialmente quest’opera, determinati a percorrere come abbiamo sempre detto ogni strada possibile per fermare questo scempio.

Fermatevi, perché noi non ci fermeremo!

#notav #notavbresciaverona #dachesapasamia #fermarloepossibile #fermarlotoccaanoi #5ottobre #lonato #marcianotav #bastaveleni #cantieri #finoallavittoria

LA BRESCIA-PADOVA E’ IL PARADIGMA DEL FALLIMENTO DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questo approfondimento relativo alla mancata registrazione da parte della Corte dei conti della delibera del CIPE che approvava il progetto della Brescia – Verona.

Tratto da: money.it

di Erasmo Venosi

La Corte dei Conti non registra la delibera del Cipe che approva il progetto definitivo alta velocità Brescia/Verona a causa di insufficienze documentali.

La sconcertante e violenta reazione dei Piranà del debito pubblico verso la mancata registrazione da parte della Corte dei Conti della delibera del CIPE che approvava il progetto AV Brescia/Verona misura il grado di degenerazione a cui è pervenuta la politica in Italia. Un Paese ostaggio di lobby industriali e finanziarie che non casualmente hanno acquistato testate di giornali per condizionare scelte, mistificare dati, eventi e procedure. Strali di parlamentari ignoranti delle funzioni, dei ruoli costituzionali esercitati dalla Corte dei Conti e anche dei procedimenti amministrativi. La Corte ha 155 anni e deve garantire la correttezza della pecunia pubblica. La sua indipendenza e autonomia è scritta nell’art 101 e nel 104. Si contesta il ruolo di controllo sulla legittimità degli atti pubblici! La vicenda storica del progetto rappresenta la metafora della degenerazione italiana. Un progetto realizzato con concessione a trattativa privata legittimata da un parere del Consiglio di Stato il cui presidente una volta in pensione diventa presidente delle ferrovie. Anni dopo (2006), il Governo italiano, visto che un Km di alta velocità italiana costava mediamente tre volte quello francese e spagnolo, decise di ritirare le concessioni per i tratti non realizzati. Tra questi c’era anche la Brescia/Verona. I concessionari hanno fatto ricorso subito al Tar del Lazio. Il presidente della sezione del Tar che tratta la questione è un magistrato che ha svolto l’incarico di arbitro designato (interrogazione parlamentare 3/01153 del 2007) proprio delle società che hanno ricorso contro la scelta del Governo di fare le gare.

La questione arriva alla Corte di Giustizia UE (C-351/07), che affida l’istruttoria come da prassi a un avvocato generale. La conclusione dell’avvocato generale è che gli appalti concessi sono contro le norme europee e che bisogna subito sanare la situazione. I ricorrenti, quindi anche Cepav 2, dichiarano di non essere interessati al pronunciamento della Corte di Giustizia. Fs, Ministro dei Trasporti acconsentono. In tal modo la Corte non può più pronunciarsi e quindi dichiarare quei contratti fuorilegge. Torna la questione nelle mani del Presidente-Consulente, il quale emette un lodo arbitrale che in buona sostanza riconosce ai concessionari vari milioni di euro d’indennità per questa perdita di tempo. Soldi pagati dai cittadini italiani.

Queste le sozzure procedurali. Ci sono poi quelle ingegneristiche.

Un progetto, che nel 2014 considera la valutazione d’impatto ambientale del 2003, fatta soprattutto per tutelare la salute umana, ancora valida! La norma della valutazione cumulata degli impatti, richiamata nelle sentenze dalla Corte di Giustizia, viene gravemente ignorata considerato che come se in decennio nessuna infrastruttura, nessuna costruzione impattante sia stata edificata sul territorio interessato dal progetto. Un progetto presente nel Piano Generale dei Trasporti e la Logistica che, a norma di direttiva (42/2001), andava sottoposto a valutazione ambientale strategica. Per intenderci la Via senza la Vas è nulla (art 11 Dlgs 152/2006). Un progetto, che è stato giustamente bocciato dal massimo organo tecnico dello Stato cioè il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

I motivi? Si va da norme tecniche costruttive per la tutela dai terremoti, vecchie del 1996, invece di applicare le nuove emanate con DM nel 2008. Compromessa la sicurezza sismica, quindi, ma anche idraulica. Incredibile poi la superficialità con la quale si trattano i possibili effetti degli scavi delle gallerie e degli impatti su strutture appartenenti al patrimonio italiano. Un esempio la galleria di Lonato, dove le incertezze riguardano anche l’intersezione con un condotto sotterraneo denominato Stagno Lavagnonese-Bormida. Si legge “Le informazioni riguardante questa condotta non sono del tutto dettagliate :non esiste una planimetria precisa, ma solo un rilevamento a vista eseguito dall’Associazione Speleologica Bresciana su commissione dell’Ufficio Tecnico del Comune di Desenzano del Garda”.

Altrettanto critiche le situazioni delle gallerie che riguardano Peschiera del Garda. Nel Parere il CSLP rileva altre incedibili enormità. La prima, che il modello di esercizio, la quantità, la tipologia di treni che circoleranno e quindi della situazione infrastrutturale futura sono conseguenza dei dati di previsione, studio SIMPT (sistema informativo per il monitoraggio e la pianificazione dei trasporti) del 1999 del Ministero delle Infrastrutture. Su questa ipotesi fu elaborato nel 2006 quantità e tipologia di treni. Che cosa prevedeva? Un assurdo! In pratica il grosso del traffico era rappresentato da treni merci. Un aumento del 157% di treni merci. Attualizzazione a seguito della crisi globale che ha distrutto il 25% della capacità produttiva italiana? Della rivoluzione delle stampanti 3D? Dell’internet delle cose? Zero, e non è finita.

L’analisi costi benefici obbligatoria è rimasta quella del 2003. Un’analisi recente fatta dal Gruppo del Professor Ponti del Politecnico di Milano, già collaboratore della Banca Mondiale e di svariati ministri dei trasporti, utilizzando le linee guida del ministero dei trasporti e il tasso di attualizzazione dei benefici che è quello applicato dalla Commissione UE. Devastanti i risultati.

L’investimento per il tratto Brescia/Verona presenta un valore negativo per 1496 milioni di euro e la Verona/Padova per 1835 milioni di euro. Possibile che nel paese che trasferisce 8 mld di euro alle Ferrovie, della imminente entrata negli ordinamenti degli Stati del Fiscal Compact attraverso una direttiva self executing, della modifica del MES (meccanismo europeo di stabilità) trasformato in Fondo Monetario Europeo con la subordinazione della cosiddetta “condizionalità” (di intervento) si debba assistere a questa dilapidazione di risorse da parte di una società pubblica con la oggettiva collusione del ministero delle infrastrutture e dell’ambiente?

Allora plaudo al coraggio mostrato dalla Corte dei Conti, che in un paese normale sarebbe esercizio di una funzione e un dovere costituzionale. Cialtroni, ignoranti e cicisbei il coro dei critici della Corte. Rispettare il Principio di Legalità e la verifica dell’Efficienza ed Economicità delle sempre più flebili risorse pubbliche per sperare in quella rivoluzione democratica, etica e culturale senza le quali il Paese non si salverà. La storia della Brescia/Padova è il paradigma del modello perdente che si replica nella gran parte degli investimenti pubblici.

28/10 CASTIGLIONE (MN) INCONTRO CON SIMONA BALDANZI, ALTA VELOCITA’ E RISCHI AMBIENTALI

SABATO 28/10 H. 19 C/O CIRCOLO ARCI DALLÒ, PIAZZA UGO DALLÒ CASTIGLIONE DELLE STIVIERE.
Da oltre vent’anni il progetto dell’Alta Velocità tra Brescia e Verona minaccia il sistema idrogeologico dell’anfiteatro morenico gardesano, diviso su tre province. Le interferenze sono state inserite nel progetto dallo stesso General Contractor che dovrebbe realizzare l’opera e sottolineate anche dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Quest’ultimo ha bocciato pesantemente il progetto fin qui portato avanti, anche per via di queste problematiche. Si va dal rischio di prosciugamento del Lago del Frassino, sito tutelato dall’Unesco, alle interferenze con l’area umida del Lavagnone, si parla del possibile inquinamento delle acque di falda per via degli scavi delle gallerie al prosciugamento dei pozzi agricoli e delle aree umide localizzate a sud della tratta. Basti pensare all’area umida di Valle a Castiglione delle Stiviere o alle risorgive utilizzate per scopi irrigui dagli agricoltori della zona che rischiano di scomparire o di venire definitivamente alterate. Un vero e proprio danno a scapito delle comunità locali per un’opera definita inutile e costosa ormai non solo dai comitati che la contestano, ma anche dai massimi organi tecnici statali in materia di valutazione dei progetti delle Infrastrutture.
Per approfondire questi temi vi invitiamo a questo dibattito pubblico presso il Circolo Arci Dallò di Castiglione delle Stiviere al quale abbiamo invitato la scrittrice mugellana Simona Baldanzi, che ci racconterà l’esperienza del rapporto tra la sua terra natale e i cantieri dell’Alta Velocità Firenze – Bologna, e il sindaco di Medole, Benedetto Ruzzenenti, che da anni denuncia i rischi ambientali dell’apertura dei cantieri Tav sulle colline moreniche
 
Simona Baldanzi è una scrittrice italiana che vive nel Mugello. Tra i suoi libri troviamo “Figlia di una vestaglia blu”, che intreccia le vicende delle operaie tessili della Rifla a quelle degli operai del TAV in Mugello; “Mugello sottosopra” racconta le condizioni di lavoro nei cantieri delle Grandi Opere che attraversano questo territorio; “Il Mugello è una trapunta di terra” racconta invece di un viaggio a piedi tra Barbiana e Monte Sole e parla degli sconvolgimenti al sistema idrogeologico causati dal Tav. L’ultimo suo libro è Maldifiume uscito per Ediciclo (2016). Il suo sito è www.simonabaldanzi.it
Qui il link alle interviste di presentazione della serata realizzate da Radio Onda d’Urto

Alcune riflessioni sull’ultimo studio di trasporto di RFI

Questa torrida estate continua a voler essere produttiva per chi vuole realizzare la tratta tra Brescia e Verona. RFI ha infatti pubblicato sul proprio sito la relazione finale sullo studio di trasporto della futura linea AV Brescia – Verona (qui).

Un colorato documento che ha il chiaro compito di mandare in soffitta l’ipotesi dello shunt di Montichiari in favore dell’uscita dalla città di Brescia attraverso il quadruplicamento dei binari. Uno studio preliminare che il Ministero delle Infrastrutture stesso ha richiesto per facilitare l’approvazione del progetto in questione.

Leggendolo ci si accorge che cambia poco le carte in tavole, nel senso che quanto afferma non modifica nella sostanza l’interpretazione data alla recente approvazione da parte del Cipe: una mossa dal chiaro interesse elettorale che l’attuale governo ha messo in campo in vista delle probabile campagna del 2018.

Alcuni passaggi però appaiono degni di nota e li abbiamo commentati con l’aiuto dei nostri tecnici:

  • Nello studio si afferma, con una complicata perifrasi, che la linea storica non può essere potenziata mediante la tecnologia ERTMS (European Railway Traffic Management System)/ETCS (European Train Control System) e, quindi, si andrà incontro ad una possibile saturazione della linea. La tecnologia in questione è quella con la quale RFI sta potenziando la linea Venezia – Trieste, rinunciando definitivamente alla realizzazione della tratta ad Alta Velocità tra le due città. In poche parole si tratta di un insieme di innovazioni che permettono l’interoperabilità tra le reti europee, realizzando un sistema standard di segnalamento e target comuni di sicurezza. Lo studio, in riferimento a quanto appena detto, non cita il soggetto che ha condotto tale verifica né fa alcun riferimento alle modalità adottate per giungere a tale affermazione. Un atteggiamento sicuramente poco scientifico e professionale.
  • Sul possibile rischio di saturazione della linea storica, lo studio non cita come fonte alcun documento ufficiale. Citiamo noi, invece, un documento ufficiale (Giuseppe Vicuna, “Organizzazione e tecnica ferroviaria”, edizioni Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, p. 92) con il quale possiamo dire che una linea ferroviaria a doppio binario, in relazione agli impianti di distanziamento di cui dispongono e alla distanza delle stazioni, hanno una potenzialità di circolazione elevata e suscettibile, di raggiungere, con gli impianti più perfezionati, livelli di potenzialità dell’ordine di 250/300 treni.
  • Il problema della possibile saturazione della linea storica deriva molto probabilmente dalla taratura del sistema SCMT (sistema controllo marcia treno inserito dopo il disastro del Pendolino del 1997 e costato 4,4 miliardi di euro), che riduce la capacità della linea attraverso un controllo della velocità. Infatti, guardando il Contratto di programma 2012/2014 “Parte Servizi” sottoscritto tra Ministero delle Infrastrutture e RFI, si può notare come i treni programmati sulla direttrice Milano – Verona siano 150. Nel 1970 circolavano 190 treni giorno con una velocità commerciale di 119 km/h, precipitata negli anni 90 a 97 km/h (F. Ciuffini “Sul filo del binario”, l’autore è stato anche membro del cda di Fs). Oggi, invece, la Mi/Bs è percorsa in 46 minuti su linea storica quindi con una velocità pari a 111 Km/h e 36 minuti con la linea AV da Treviglio a Brescia e con velocità pari a 141 Km/h. Sarebbe quindi sufficiente calibrare la regolamentazione ante incidente Pendolino per aumentare la capacità della linea. Bisogna osservare a margine che tale scelta regolamentare si è dimostrata fallace nel disastro di Crevalcore verificatosi su una linea sprovvista di SCMT. A riscontro basta osservare che in uscita da Milano Centrale il dispositivo SCMT fa sì che un treno viaggi a meno di 30 Km/ h per almeno 1200 metri impiegando almeno due minuti in più rispetto al tempo impiegato prima della variazione della norma che ha introdotto diverse tipologie di velocità (approccio, avviamento).
  • Un ulteriore riflessione deriva dal valutare l’ipotesi di uso delle linee AV per il trasporto delle merci. A parte la perentoria affermazione contenuta nella nota del Comune di Brescia a seguito dell’incontro del 25 settembre 2015 con la Direzione Generale Trasporto e Infrastrutture Ferroviarie “esperienza nazionale dimostra che per ragioni tecnologiche, economiche ed organizzative, i treni merci continuano viaggiare lungo le linee storiche “ aggiungiamo le seguenti osservazioni : a) viaggerebbero sullo stesso binario treni passeggeri con punte di velocità a 300 km/h con treni merci a 160 km/h con tutti gli immaginabili problemi connessi. In un minuto un treno a 300 Km/h percorre 5 km mentre quello a 160 km/h un po più della metà ( 2,666 km) con distanziamenti che si modificano troppo rapidamente per poter essere compatibili su tratte lunghe più di 30/40 Km; b) l’interoperabilità tra linea storica e linee nuove alta velocità deve avvenire attraverso nuovi locomotori bi-tensione essendo la linea storica a 3 Kv cc e quella AV a 25 Kv c.a. Quindi si aggiungerebbero i costi di acquisto per il nuovo e necessario materiale di trazione; c) la coesistenza merci/passeggeri su linee AV comporta un modello di esercizio poco credibile e una complicata e complessa gestione di esso. Treni passeggeri a 300 km/h e treni merci pesanti a 150/160 Km/h, entrambi in grande numero sulla stessa linea (sic!!! L’evidenza della bassa crescita e la teoria della stagnazione secolare per costoro non esiste ). In più si dovrà provvedere alla continua e delicata manutenzione richiesta dalla specialità delle linee, se si vuole che queste possano davvero consentire le velocità massime ipotizzate; d) risulta facilmente comprensibile che la compresenza di treni veloci con velocità doppia rispetto ai treni merci pone forti limitazioni al traffico degli uni e degli altri e che l’usura indotta da carri pesanti come quelli merci è diversa e rilevante rispetto a quella dovuta ai mezzi veloci come gli ETR 500 o 1000 e richiede uno sforzo manutentivo che a sua volta pone limitazioni all’esercizio; e) la percorrenza media delle merci in Italia è pari a 260 Km (ultimo CNT, conto nazionale trasporti, del MIT, Ministero Infrastrutture e Trasporti). Il crollo del trasporto merci in Italia per ferrovia è pauroso: da 24,35 mld ton* Km del 2001 a 11,55 del 2014; f) Il trasporto delle merci dipende da vari parametri e in particolare dal carico assiale massimo ovvero locomotore più carrozze/carri. La linea nuova Bs/Vr è progettata incredibilmente con un peso per asse di 12/17 tonnellate! La linea storica ha la codifica D 4 che vuol dire 22,5 ton per asse !!! Le norme tecniche sulla interoperabilità richiedono per il traffico merci il valore minimo di 18 tonnellate /asse. A livello europeo la tendenza è quella di fare treni con carichi per asse elevati 20/25 ton/asse. Questo rappresenta un limite all’uso futuro della linea per i treni merci; g) un altro parametro importante è la sezione di ingombro delle gallerie entro cui deve essere contenuto il carico. Per l’autostrada viaggiante (tir su carro) per casse mobili/container i profili cambiano. La sagoma ideale è classificata come P/C 80. Molte limitazioni di sagoma affliggono la rete italiana: basta una galleria “vecchia”, di limitata lunghezza , per impedire il transito di un treno che trasporti container di dimensioni moderne; h) la questione modulo ossia la lunghezza massima del treno. Lo standard europeo è di 750 m. Il modulo della Mi/Ve è di 625 metri. Un merci può arrivare ad avere anche 30 carri. Questo diventa un problema in caso di precedenze: se il binario di precedenza non è lungo a sufficienza, una parte del treno rimane ad occupare il binario di transito bloccando la linea; i) la tariffa di pedaggio di uso della linea AV è significativamente più elevata rispetto al trasporto merci sulla linea storica. Appare davvero assurdo, che si focalizzi l’attenzione sull’uso di linee AV per treni merci, non utilizzate quasi da nessuno, e non si pensa di intervenire sulle linee storiche di collegamento con il tunnel del Gottardo, oltre che pensare a rimuovere i cosiddetti “colli di bottiglia” costituiti dalle gallerie fuori standard, e sui moduli dei treni.

Queste alcune delle riflessioni che ci fanno storcere il naso rispetto a quanto contenuto nel documento di RFI.

7 ottobre Marcia No Tav a Calcinato

Sabato 7 ottobre marcia No Tav a Calcinato. Dall’oratorio di Ponte S. Marco il corteo attraverserà uno dei comuni che saranno maggiormente colpiti dal passaggio dell’Alta Velocità, in caso aprissero davvero i cantieri della tratta Brescia – Verona.

Così si è deciso nell’ultima assemblea pubblica, svoltasi a Campagna di Lonato, per tornare in strada a protestare contro l’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipe e la paventata apertura dei cantieri. O meglio approvazione di una parte del progetto che rimane ancora pesantemente incompleto (qui per maggiori info).

L’idea, inoltre, è di attraversare uno dei luoghi simbolo della devastazione ambientale bresciana, per denunciare l’enorme peso che discariche e impianti di trattamento rifiuti hanno sulle vite delle persone che qua vivono. Una situazione che verrebbe ulteriormente aggravata se i cantieri di quest’inutile opera venissero aperti.

Nelle prossime settimane daremo maggiori informazioni su volantini, orari e iniziative di avvicinamento per lanciare questa importante data di mobilitazione. Convinti e determinati sul fatto che quest’opera possa e debba essere fermata.

“Grandi opere”: una scommessa che vale quasi 280 miliardi

Segnaliamo questo articolo (qui l’originale) di Luca Martinelli tratto dal blog perunaltracitta.org. Mentre in Italia mancano i fondi per garantire servizi fondamentali quali sanità, istruzione, cura del territorio o per avviare progetti sensati per le ricostruzioni post-sisma, il governo continua a finanziare grandi progetti infrastrutturali che, oltre ad apparire assolutamente inutili, raccolgono le proteste e il malcontento delle popolazioni colpite.

“Per le ferrovie i 40 miliardi di euro previsti  sono interamente destinati all’Alta velocità. La maggior parte degli interventi risultano privi di “obbligazioni giuridiche vincolanti”. Significa  che si potrebbero ancora cancellare” 

Altraeconomia, 23 marzo 2017

Nel Paese delle “grandi opere”, c’è chi attende con trepidazione il 10 aprile. Entro quel giorno, infatti, il Consiglio dei ministri dovrebbe licenziare il nuovo DEF (Documento di economia e finanza) per il 2017, e il primo DPP, ovvero il “Documento pluriennale di pianificazione”. Si capirà, insomma, se il governo –che nel 2017 dovrebbe tagliare altri 1,6 miliardi di euro alle Province– continuerà ad allargare i cordoni della borsa per finanziare le grandi infrastrutture. Quel che è certo, intanto, è che tra il 31 marzo e il 31 dicembre del 2016 sono state stanziate risorse pari a circa 6 miliardi di euro per “coprire” gli interventi sulle cosiddette “infrastrutture strategiche”.Una fotografia dello stato dell’arte è scattata nella nota di sintesi elaborata dal Servizio studi della Camera dei deputati in merito allo “stato di attuazione del programma”, che fa riferimento alla fine dello scorso anno (e pubblicato a marzo). Spiega che il valore complessivo delle future “grandi opere” è pari a quasi 280 miliardi di euro. La lettura integrale della relazione offre però ulteriori spunti di analisi.

1) Non è più possibile stabilire con certezza, né ha alcun valore giuridico farlo, quante siano in totale le “grandi opere”. È vero che vengono elencate le 25 opere considerate “prioritarie”, ma per quelle “non prioritarie” anche nell’analisi del Servizio studi della Camera si fa ormai riferimento a “lotti”, in totale 981. Gli interventi infrastrutturali, infatti, possono anche avanzare per fasi successive, e anche tutte quelle attività che dovrebbero essere considerate propedeutiche -come la progettazione e la copertura del finanziamento- possono essere completate in momenti successivi: non c’è alcune certezza, insomma, che un’opera di cui viene posata la prima pietra verrà in futuro effettivamente terminata; la legge offre infatti anche la possibilità di procedere alla realizzazione di “lotti costruttivi non funzionali”.Un effetto di questo paradosso -senza entrare per il momento nel merito degli interventi- è che mentre mancano 25,5 miliardi di euro al fabbisogno delle “opere prioritarie”, il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha già deliberato finanziamenti per 74 miliardi di euro a favore di lotti di opere non prioritarie.

2) A leggere in modo superficiale l’elenco delle opere prioritarie, si potrebbe immaginare che (alla fine) l’esecutivo si sia adeguato alle richieste di chi, come il Wwf o Legambiente, criticava da anni la netta prevalenza di strade e autostrade tra le infrastrutture strategiche ereditate dalla legge Obiettivo del 2001. Oggi, infatti, il 63% delle opere, in valore, riguarda progetti per la mobilità collettiva, ferrovie (per 41,08 miliardi di euro, pari al 46% del costo complessivo delle 25 opere prioritarie) e metropolitane (per 14,94 miliardi di euro, il 17% del totale).

Alle “strade” restano appena 28 miliardi di euro, cioè il 31% del totale. Le ferrovie di cui si parla, però, sono esclusivamente nuove linee ad Alta velocità: 26 miliardi di euro servirebbero per quello che la relazione definisce un “completamento” della rete al Nord (comprende il Terzo Valico tra Genova e l’alessandrino, la Torino-Lione attraverso la Valsusa, la Brescia-Padova, la galleria di base del Brennero, tutte opere contestate da comitati locali ed organizzazioni ambientaliste, e in alcuni casi anche al centro dell’interesse della magistratura per casi di corruzione e di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, mentre è in corso di revisione l’intervento per il sotto-attraversamento di Firenze); altri 15,1 miliardi di euro, invece, andranno a finanziarie due itinerari nel Meridione, cioè la Napoli-Bari e la Palermo-Catania-Messina (ricordiamo che il governo Renzi con lo Sblocca-Italia ha “sottratto” queste due infrastrutture ai normali iter procedurali, assegnandone la gestione ad un commissario straordinario che sta procedendo a colpi di ordinanze, ben 27, emesse tra il dicembre del 2014 e il primo dicembre 2016).

3) Allargando lo sguardo a tutto l’elenco delle opere strategiche, si scopre che «il 59% del costo complessivo delle opere non prioritarie, 112,2 miliardi su 188,6 miliardi totali, riguarda opere stradali». Per questi interventi, il CIPE ha già impegnato il 38% dei finanziamenti richiesti, pari a oltre 42 miliardi e mezzo di euro; il 62% delle opere (in termini di costi) risulta in fase di progettazione.

4) Nella nota di sintesi viene utilizzato un acronimo (da addetti ai lavori) che potrebbe rappresentare l’architrave di un cambiamento, se davvero il governo volesse arrivare a ridiscutere le “infrastrutture strategiche” per il Paese. È OGV, e sta per “obbligazioni giuridicamente vincolanti”. Indica, cioè, quelle opere per cui esiste un contratto, e quindi un legittimo vincolo nei confronti di un soggetto che si è aggiudicato o è stato incaricato dell’esecuzione dell’opera. Sono quelli, cioè, che in caso di cancellazione, potrebbero aprire per lo Stato la porta di contenziosi.

Ecco, la maggioranza delle opere non risulta coperta al 31 dicembre 2016 da obbligazioni giuridicamente rilevanti: ben 178 miliardi di euro, pari al 64% del totale, riguardano infatti opere «in fase di progettazione (circa 152 miliardi), in gara o aggiudicate (circa 25 miliardi) e con contratto risolto (meno di 1 miliardo), che dovrebbero rappresentare le opere senza OGV». Così è scritto nella nota di sintesi del Servizio studi, che nell’elaborazione si è avvalso della collaborazione dell’Autorità nazionale anticorruzione, che svolge anche la funzione di autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Se consideriamo che «l’84% del costo delle opere senza OGV, pari a circa 150 miliardi di euro, riguarda opere non prioritarie», è plausibile auspicare un ripensamento. E un rimaneggiamento dell’elenco delle infrastrutture strategiche, in particolare per quanto riguarda l’Alta velocità e le autostrade.

5) A meno che governo e Parlamento non subiscano l’influenza di portatori di interesse come AITEC, l’associazione italiana dell’industria cementiera. Nel mese di febbraio, in audizione di fronte alla Commissione lavori pubblici del Senato, i rappresentanti dell’organizzazione confindustriale hanno chiesto «il rilancio di una politica infrastrutturale italiana effettuata con risorse pubbliche credibili». Di fronte al “fenomeno della corruzione”, che viene definito “un problema grave” e riguarda -secondo la campagna “Riparte il futuro”- oltre la metà delle infrastrutture strategiche, si spiega che «inseguire il ‘sistema perfetto’ non deve fermare la macchina di investimenti pubblici che alimenta e, in questi anni di crisi tiene in vita, la filiera dei lavori pubblici e dei materiali da costruzione».

Tra il 2007 e il 2016 la produzione di cemento in Italia è calata del 59,3%, da 47,5 a 19,3 milioni di tonnellate. Guardando ai bilanci delle aziende del comparto, tra il 2010 e il 2015 si è registrata una perdita complessiva pari a 1,23 miliardi di euro, solo parzialmente mitigata dalla possibilità di vendere sul mercato i “diritti di emissione” assegnati gratuitamente dalla Commissione europea.

*Luca Martinelli

Ma cosa hanno inaugurato il 10 Dicembre?

Che l’argomento TAV sia un tema scottante da trattare per i quotidiani locali (e non solo) è cosa ormai nota. Ma è interessante soffermarsi su un articolo uscito recentemente sul dorso bresciano del Corriere della Sera a firma di un importante penna del giornale, spesso impegnato in inchieste riguardanti lo stato di salute dell’ambiente bresciano. Nel rispetto del lavoro del giornalista, ci preme sottolineare alcuni passaggi contenuti in questo articolo che a noi sollevano diversi interrogativi (qui).
Innanzitutto l’articolo parla dei ritardi nei lavori per la realizzazione della stazione per l’Alta Velocità di Brescia, la cui conclusione sembra slittata al 2018. Ci sorge spontanea una domanda, riguardando anche i giornali di qualche mese fa, cosa si è inaugurato il 10 dicembre scorso? Lasciando per un attimo perdere gli artifizi linguistici utilizzati in quella data dai giornali, per i quali lo scorso dicembre si sarebbe inaugurata semplicemente la nuova linea Alta Velocità, scorrendo invece questo articolo, appare chiaro come tale inaugurazione sia avvenuta non solo senza stazione, ma anche senza i binari ancora fermi alle porte di Brescia. Dunque perché tanta fretta ad avviare una linea incompleta, causando ulteriori enormi disagi a chi usufruisce del treno in direzione Milano? La risposta la si trova probabilmente nelle ragioni di propaganda che la data del 10 dicembre, con la presenza sbandierata dell’ex-premier Renzi, aveva assunto a livello nazionale, come sponsor “pro SI” nel referendum costituzionale del 4 dicembre. Ma non solo, probabilmente l’occasione di un’inaugurazione anticipata con relativa messa in esercizio, seppur incompleta, della linea Treviglio – Brescia ha permesso a Cepav 2 e ad RFI di rendere più credibile il tentativo di accelerare e forzare l’iter autorizzativo per la tratta in direzione Verona.
L’articolo poi prosegue pubblicando i dati sulle quantità di amianto e scorie di fonderie ritrovate in alcune discariche abusive. I ritrovamenti di queste sono un fatto che ha caratterizzato l’avanzamento dei cantieri da Treviglio in direzione di Brescia. Per tutto il 2014 si sono susseguite le notizie di ritrovamenti di siti inquinati e discariche, comprese le scorie sepolte sotto la terza corsia dell’autostrada A4. Ma come sono avvenuti questi ritrovamenti, che rappresentano una delle eredità dello “sviluppo” industriale bresciano? La storia è interessante. Ai tempi, i cantieri dell’alta velocità erano vigilati costantemente da Arpa perché le inchieste sugli smaltimenti illeciti, le quali avevano portato all’arresto dell’imprenditore Locatelli, avevano rivelato l’interesse da parte di quest’ultimo ad entrare nei lavori di subappalto e fornitura per la Treviglio – Brescia. L’occasione, come fatto per l’adiacente Bre. Be. Mi., era quella di poter illegalmente sotterrare migliaia di tonnellate di rifiuti. Fatto non nuovo per la nostra provincia, ma che ha elementi in comune con le rilevazioni che emergono dalle inchieste sulle grandi opere che hanno portato all’arresto del “super-manager” Ercole Incalza e alla rimozione della struttura di missione del Ministero delle Infrastrutture (qui). Tra gli indagati eccellenti, guardando al nostro territorio e alla tratta Brescia – Verona, ricordiamo il già presidente di Metro Brescia Ettore Fermi (link 12). In manette, in un filone di indagini partito da questa inchiesta, sono finiti anche i manager di Condotte, società appartenente al consorzio Cepav 2 e deputata alla realizzazione della tratta cittadina e della “nuova” stazione di Brescia.

Un interrogativo, infine, ce lo fa sorgere anche la conclusione dell’articolo in questione, quando si riportano le ipotesi sull’uscita dalla città ad Est dell’alta velocità. Tralasciando il fatto che, eliminato lo shunt per Montichiari, si dovrebbero quantomeno riaprire le procedure di valutazione d’impatto ambientale, da quale fonte arrivano queste notizie? L’attuale amministrazione Del Bono continua pubblicamente a sostenere di non essere in possesso di alcuna documentazione riguardo l’uscita ad Est, così come contenuto nella risposta alla richiesta di accesso agli atti fatta da alcuni abitanti della zona di via Ferri, la quale sembrerebbe la parte di città più colpita in caso di raddoppio dei binari verso Venezia.

Da troppo tempo assistiamo al fatto che annunci, dichiarazioni e sparate sull’Alta Velocità vengano assunti in maniera acritica dai giornali locali. Un fatto preoccupante perché, attorno al tema delle grandi opere, è diventato comune vedere ministri, sottosegretari e manager pubblici esprimersi pubblicamente, ignorando e perfino non rispettando quelle poche regole che esistono in merito all’approvazione di questi progetti. Si continua, in questo modo, un pericoloso lavoro di delegittimazione della politica e degli enti locali, ormai assunti al semplice ruolo di “burocrati acritici”, il cui unico compito è protocollare procedure amministrative che poi avranno impatti devastanti sulla vita di migliaia di persone. Sperando che, a breve, si possa porre una pietra tombale sul progetto dell’Alta Velocità Brescia – Verona ormai diventato, dopo le stroncature istituzionali ricevute (qui), tanto assurdo e devastante quanto assolutamente inutile, ci auspichiamo, invece, che presto si possa aprire un dibattito su quali siano le priorità di un territorio martoriato come quello bresciano. Anche e soprattutto riguardo il tema degli interventi che andranno fatti per implementare una mobilità realmente sostenibile e funzionale al nostro territorio.

Quanto valgono gli espropri per Cepav 2?

Dopo quasi 6 mesi è giunta la risposta all’interrogazione, presentata dal consigliere Manuel Brusco, della Regione Veneto in merito al loro parere favorevole sul reitero dei vincoli d’esproprio per i terreni interessati dal passaggio del TAV Brescia – Verona. Il reitero è arrivato attraverso una delibera del Cipe che di fatto vincolerà per altri 6 anni i terreni da espropriare. In totale quindi questo vincolo urbanistico, che impedisce ai proprietari qualsiasi intervento sul proprio fondo (come ad esempio il semplice impianto di un vigneto), raggiungerà la durata record di 19 anni. Ovviamente nessun rimborso per chi sta subendo quest’ingiustizia in favore di un’opera dalla copertura finanziaria dubbia, la quale difficilmente vedrà mai un completamento. Un passaggio in questa risposta, però, è particolarmente significativo, riprendendo la delibera del Cipe:

“(…) che il soggetto aggiudicatore ha dichiarato che il valore delle aree oggetto di esproprio, valutato in sede di progettazione definitiva, è già compreso all’interno delle somme a disposizione del quadro economico e che l’importo – stimato in € 10.432.800,00 – da riconoscere ai proprietari (…)”

Dunque Cepav 2 ha già valutato che gli oltre 1000 espropri che dovrà compiere per realizzare questa tratta valgono poco più di 10 milioni di euro. Una cifra che diventa subito irrisoria se si pensa che in quasi ogni comune sono previsti abbattimenti di caseggiati, cascine e capannoni e molte persone perderanno così la propria casa. Nel solo comune di Desenzano si parla di 15 abbattimenti e al conteggio manca ancora il capitolo riguardante l’uscita ad Est dalla città di Brescia, sulla quale manca ad oggi un progetto. A questo andrebbe aggiunto anche l’altissimo valore fondiario dei terreni del Basso Garda, in particolare di quelli già vitati e produttivi, inseriti nell’areale della Doc del vino Lugana, ma anche Custoza e Grana Padano Dop. Quindi nessun extra per chi perderà pezzi fondamentali e non rinnovabili della propria attività agricola, come i vigneti. Per intendersi, la resa di un ettaro di vigneto Lugana è di 120 quintali/ettaro, la quotazione dell’uva Lugana non lavorata si attesta oggi sui 200 euro al quintale, il resto del conto si fa presto a farlo e da l’idea del danno economico che subiranno le aziende che perderanno i propri terreni.

Non c’è da stupirsi della risposta della Regione Veneto del leghista Zaia. D’altronde stiamo parlando della regione del Mose e dove si aumentano le tasse ai cittadini per coprire i buchi lasciati dai privati per la realizzazione della “Pedemontana Veneta” (qui). Sul reitero del vincolo d’esproprio è stato presentato da comitati e cittadini un ricorso al Tar del Lazio, dal quale si sta attendendo risposta. La battaglia sarà lunga e l’arroganza di chi vuole imporre queste grandi opere inutili non ha veramente più limiti.