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Niccolò, Claudio, Mattia, Lucio, Francesco e Graziano finalmente liberi!

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Finalmente Niccolò, Claudio e Mattia a seguito di istanza di scarcerazione sono liberi!

Parallelamente anche Lucio, Graziano e Francesco hanno fatto istanza e il giudice del loro procedimento ha deciso di liberarli, ma con la misura non detentiva dell’obbligo di dimora, a Milano e Lecce.

La situazione di Chiara invece è un po’ più complicata visto che alcuni mesi fa le è stata applicata dal tribunale  di Teramo la sorveglianza speciale che diventerebbe esecutiva qualora finisse gli attuali arresti domiciliari.

Di loro 7 e dei due diversi procedimenti con i quali la procura torinese avrebbe voluto far vincere il teorema del terrorismo abbiamo scritto molto in questi anni, denunciando il chiaro tentativo di rinchiudere la lotta No Tav dietro le sbarre, sperando di sfinirla e terrorizzarla.

Così non è stato ed insieme abbiamo percorso questo lungo cammino.

Lucio, Graziano, Francesco, Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia hanno lottato con coraggio e determinazione , dimostrando a tutti cosa è in grado di fare un cuore che si getta oltre l’ostacolo.

Non è ancora completamente finita, soprattutto per Chiara, ma gioiamo del sapervi quasi tutti liberi e vi aspettiamo qui per percorrere di nuovo insieme questi sentieri di libertà.

Libertà per tutti i No Tav!

Lettera di Chiara dal carcere.

Sarebbe estremamente lungo e difficile esprimersi su ognuna delle innumerevoli cose dette e fatte in solidarietà nei nostri confronti. È più facile mettere insieme le suggestioni, i pensieri leggeri e quelli pesanti, un po’ di nostalgia dolce, qualche perplessità e riversare tutto su questi fogli.

Un continuo e impressionante succedersi di messaggi pubblici e privati, di prese di posizione, iniziative ed azioni, individuali e collettive, hanno puntellato questi mesi. Questo flusso di affetto ci ha tenuto sempre il cuore al caldo e riempito lo stomaco di farfalle, sensazioni che a volerle descrivere mancano le parole. Nessuno di noi si è mai sentito “stremato” o fiaccato dalla detenzione. La galera è lo stesso corto circuito di logica e di umanità per chiunque ci ha a che fare e quasi tutti l’affrontano, a differenza di ciò che è successo a noi, privi di qualsiasi sostegno affettivo, economico e legale, e senza nessuno che si strappi pubblicamente le vesti.

Non c’è stato un solo momento in cui ci siamo sentiti vittime, pure se a qualcuno (incredibilmente pochi per la verità) è ingenuamente sfuggito di mano di descriverci come tali, rivolgendosi alla stampa o addirittura alla politica, a cui non è mai stata nostra intenzione dire o chiedere niente.

(Per coerenza ed onestà non posso fare a meno di dire che provo una totale sfiducia per la categoria dei giornalisti e per quella dei politici di qualsiasi sponda o colore. Per entrambe l’unico interesse è la vendita del proprio prodotto commerciale e l’asservimento alla ricerca del consenso, adoperandosi per lo più per essere i portavoce dell’altrui cattiva coscienza. Ed entrambe, alla bisogna, possono mettersi la maschera dei sovversivi, dei sinceri democratici o dei boia a seconda del luogo e del tempo in cui si esprimono. I giornalisti che non si riconoscono in quanto appena detto sono probabilmente disoccupati, o lo saranno presto, o sono relegati ai margini della pubblica diffusione delle notizie. In ogni caso non potranno che ammettere di dividere il tetto e spesso il pane con qualunquisti, avvoltoi e sciacalli).

Scegliere di opporsi alla follia dello status quo può essere gravido di conseguenze. Non da ultimo il venire identificati come i nemici dell’umanità: malfattori,provocatori, violenti. Terroristi.

Non sentirsi vittime non significa certo accettare queste definizioni, ma riconoscere che un’ipocrisia tanto sfacciata quanto complice governa questo mondo. La stessa che riesce a chiamare “sviluppo” la continua e progressiva distruzione delle fonti di vita di ogni specie vivente, che è pronta a mandare alla forca chi riduce in frantumi i vetri di qualche gigante dello sfruttamento (umano ed ambientale), ma che “ignora” la devastazione che l’ENI, in nome del popolo italiano,porta ovunque posa le zampe. Che si indigna e tira fuori il petto se un tutore dell’ordine (e del privilegio) si sbuccia un ginocchio, ma nasconde la testa nella sabbia quando qualcuno viene deturpato per sempre o termina la sua vita in una caserma o in una prigione.

Eccetera, eccetera.

La realtà, senza veli, è triste e terribile. Ma a forza di guardarla bene capita anche di innamorarsi di un sogno di libertà, di autodeterminazione, di giustizia senza l’inganno della Legge, e di cercarlo ovunque si manifesti all’improvviso.

Io l’ho visto. In un Cie in fiamme. Nella fuga precipitosa di un ufficiale giudiziario che, Diritto alla mano,voleva sbattere qualcuno in mezzo a una strada. Nello sfregio ad un simbolo della disuguaglianza sociale. In una scritta sfacciata lungo le “preziose” vie del centro.

E l’ho vista sullo svincolo di un’autostrada, al tramonto, dopo tre giorni passati a dividere la rabbia e la paura per la vita di quel fratello appesa ad un filo a causa della solerzia dei servi del Tav. Migliaia di persone che sanno solo di non volersi muovere da lì. Qualcuno prepara una zuppa, altri danno fuoco a una barricata. E non solo per la polizia, è difficile identificare e capire chi fa cosa. Arrivano alla fine. Un mare di caschi blu. Inizia un lungo spingi spingi. Noi in saliti, visi scoperti, disarmati. Cerco tra gli altri i volti dei miei compagni. Nessuno di noi avrebbe mai scelto di essere così vulnerabile: ad un esame di guerriglia urbana, avremmo preso zero. Ma ci guardiamo sorridendo. Intorno a noi centinaia di persone cantano all’unisono “La Valsusa paura non ne ha”. Non è incoscienza, tutti sanno come andrà a finire. Ma il tempo si fa denso, i corpi si dilatano fondendosi e nessuno vorrebbe essere da un’altra parte.

Vaglielo a spiegare poi a certi omuncoli di bassa statura morale che non è dentro una legge che troveranno le parole per raccontare quella bellezza. E la determinazione, e la tenacia.

Ma a quanto pare non ci fanno paura, con le loro parole. Il concetto di terrorismo serve solo a prendere per il naso gli sciocchi e gli uomini di cattiva volontà. Questo è quello che è davvero successo con i nostri arresti. Non sono solo i soliti, testardi sovversivi a rispedire le accuse al mittente. Sono in molti ad annusare l’inganno e a capire dove va a parare: l’asso nella manica del terrorismo (non nuovo ad essere usata per reprimere chi lotta contro l’oppressione e lo sfruttamento e la devastazione) da applicare alle lotte sociali, et voilà. Ma la Procura, o chi per essa, fa male i suoi conti. Pensa di prepararsi un terreno su cui camminerà facilmente. Pensa di giocare d’anticipo e invece arriva troppo tardi. Ormai non c’è più modo che individui caparbi, intestarditi da un No ventennale, si facciano incastrare da qualche scaltro parolaio. E se su un piano sombolico l’accusa di terrorismo è già naufragata, potrebbe non passare neanche da un punto di vista legale. Ed è un bene che lo Stato non si fornisca tanto facilmente degli strumenti con cui terrorizzare molte lotte e molti lottatori. Non è possibile, però, ragionare molto oltre su quello che avviene nelle aule di tribunale. Non possiamo di certo aspettarci una pacca sulla spalla.

Ma la rivendicazione collettiva che si è incredibilmente dispiegata di quell’atto di sabotaggio riempie di forza. Perché siamo andati molto oltre dal dire che i terroristi sono loro. Siamo arrivati a dire che sotto quei cappucci, all’ombra di quella luna di maggio, c’erano i volti di tutti gli uomini e le donne che quel maledetto treno non lo vogliono. Le categorie di innocenza e colpevolezza scompaiono, diventano roba da scartoffie e contabili. “Quella notte c’eravamo tutti”. Nessuna sentenza potrebbe farci sentire più liberi di questa frase.

Chiara

Misura cautelare coercitiva nei confronti di Claudio – Terzo Valico

E’ stata notificata qualche giorno fa a Claudio una misura cautelare coercitiva a seguito di un procedimento penale in corso riguardante l’iniziativa di lotta messa in atto dal movimento il 26 Marzo a Novi Ligure.

Il Pubblico Ministero che segue l’inchiesta, basandosi sulla relazione a dir poco fantasiosa redatta dai Carabinieri di Novi Ligure, ha richiesto al Giudice per le Indagini Preliminari l’applicazione della misura cautelare del divieto di dimora (e transito) nel territorio dei Comuni di Arquata Scrivia, Serravalle Scrivia, Novi Ligure, Pozzolo Formigaro, Gavi, Carrosio, Voltaggio e Fraconalto. Praticamente tutti i Comuni direttamente interessati dai cantieri del Terzo Valico, compresa “la sua” Arquata dove Claudio è uno dei militanti, da sempre in prima linea, del comitato locale contro la costruzione del Terzo Valico. Chiunque conosca Claudio sa del suo legame e del suo amore per Arquata dove ha vissuto dalla nascita fino ai ventitré anni e dove ancora oggi vivono i suoi genitori.

Un provvedimento che nasce dall’accusa di aver rapinato della sua macchina fotografica un operaio del Cociv e di aver promosso e partecipato all’iniziativa di lotta che si è svolta alla Pieve di Novi Ligure.

Quella della rapina è un’accusa talmente infamante che chiunque conosca Claudio sa non poter essere vera, non a caso già il Giudice per le Indagini Preliminari ha negato che sia avvenuta questa fantomatica rapina il cui unico fondamento sarebbe da ricercare nelle dichiarazioni false di tre “bravi ragazzi” del Cociv. Il Giudice ha anche scritto nero su bianco che non vi sono prove che Claudio sia stato il promotore od organizzatore dell’iniziativa, ma visto il pericolo della reiterazione delle iniziative di contrasto al Terzo Valico e un suo precedente penale (una condanna a tre mesi di reclusione con pena sospesa per una manifestazione contro la guerra in Iraq del 2003 contro cui manifestarono milioni di persone nel mondo), ha comunque deciso di convalidare le misure cautelari proposte dal Pubblico Ministero.

Per i Carabinieri di Novi e per il PM, tanto per cambiare, le parole di tre operai vengono prese per oro colato e non viene neppure presa in considerazione l’ipotesi di ascoltare chi è stato ingiustamente accusato. Lo stesso modus operandi utilizzato quando vennero perquisite le abitazioni di altri quattro No Tav arquatesi, sempre a partire da una ricostruzione fantasiosa e falsa fatta da un operaio del Cociv.

Così, già da qualche giorno, a Claudio è interdetta la possibilità di recarsi nei Comuni del Basso Piemonte dopo che già gli venne interdetta la possibilità di recarsi nei Comuni liguri interessati dal Terzo Valico con il provvedimento del Foglio di Via emanato dal Questore di Genova.

Anche solo per recarsi in visita dai suoi genitori dovrà fare una richiesta scritta al Giudice che deciderà volta per volta se accordargli questa possibilità. Certamente non potrà più partecipare alle riunioni del comitato, distribuire volantini al mercato, parlare in un’assemblea pubblica, partecipare a una festa o a una manifestazione. Eccola qui in tutto il suo splendore la “democrazia” al tempo del Terzo Valico. Nei prossimi giorni si svolgerà l’interrogatorio di garanzia a cui Claudio risponderà e in cui i suoi avvocati chiederanno la revoca di questo provvedimento assurdo.

Conclusa la parte giudiziaria ci permettiamo ancora di fare qualche considerazione di carattere politico.

Questo provvedimento non riguarda solo chi l’ha ricevuto, ma è una vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti di un movimento popolare che lotta da anni alla luce del sole contro la costruzione di un’opera devastante per l’ambiente e la salute dei cittadini. Limitare la libertà di movimento nei confronti di uno dei militanti più attivi e conosciuti significa, innanzi tutto, provare a spaventare un’intera comunità che continua a lottare per impedire lo scempio chiamato Terzo Valico senza dare il minimo segno di cedimento. Non abbiamo il minimo dubbio che questo tentativo sia destinato a naufragare e non farà altro che accrescere la partecipazione alla lotta contro la “grande opera inutile”.

Scrivevamo l’8 Aprile su questo sito, commentando il comunicato stampa del Senatore Borioli a seguito della marcia popolare di Arquata del 5 Aprile“Il messaggio di Borioli è chiaro: “visto che noi politici non siamo stati in grado di convincerli, comprarli, piegarli, adesso ci provi la polizia e la magistratura”. E’ questa l’idea di democrazia di Daniele Borioli, uno che non riesce a rassegnarsi al fatto di trovarsi davanti ad un movimento popolare che sceglie e decide tutto in assemblee pubbliche e che tutto compatto ha deciso di praticare il taglio delle recinzioni sabato ad Arquata. Le frange violente ed estremiste sono solo ed esclusivamente nel suo cervello ed il suo tentativo di dividere il movimento in buoni e cattivi è destinato a naufragare.”

E neppure un mese dopo ecco arrivare la misura cautelare del divieto di dimora per Claudio accompagnata da un numero ancora imprecisato di avvisi di garanzia per la giornata di lottadel 22 Febbraio a Pozzolo Formigaro. I tempi lunghi della giustizia sembrano valere solo per i cittadini comuni, mentre per i No Tav le Procure della Repubblica di Alessandria e Genova, al pari di quella torinese che si occupa dei valsusini, sono disposte a fare gli straordinari. Riceveranno sicuramente un bel premio per la velocità e l’efficienza dimostrate nel reprimere i No Tav, mentre Cociv e le ditte subappaltanti sono libere di fare quello che vogliono senza che nessuno si occupi di loro.

Davanti al provvedimento cautelare nei confronti di Claudio e al clima repressivo che si sta sviluppando intorno alla questione Terzo Valico, siamo convinti che sia il tempo di prendere posizione e chiediamo a tutti, nessuno escluso, di farlo con lettere, riflessioni, comunicati stampa, attestati di solidarietà (sia individuali che di realtà collettive) da inviare a notavterzovalico.info@gmail.com e a tutti gli organi di informazione che si ritiene opportuno. Questo provvedimento è gravissimo, non ha precedenti in Provincia di Alessandria ed è stato emanato nei confronti di chi lotta da sempre a testa alta alla luce del sole mettendoci la faccia.

Apriamo da oggi una campagna perchè Claudio possa tornare nella sua Arquata (e in tutti gli altri Comuni) e perchè vengano levate le limitazioni di movimento nei suoi confronti. La restrizione della sua libertà personale è un fatto che interssa tutti e tutti insieme si deve sconfiggere questa intimidazione nei confronti del Movimento No Tav – Terzo Valico.

Lettera di una mamma al figlio “terrorista”

Lettera scritta dalla mamma di Mattia al figlio in carcere.

Carissimo figlio, perdonami se rendo pubblica questa lettera, ma ciò che ci accade non appartiene solo a noi. Tra pochi giorni sono cinque mesi che sei chiuso in carcere, tanta vita rubata. Sono centocinquanta lunghi giorni e centocinquanta lunghe notti di angoscia. Ti chiedo sempre di tenere duro, ma sono io che non ho più la forza. L’amarezza a tratti mi sommerge, lo sdegno mi ferma il respiro.
Mi sveglio di soprassalto ogni notte e nel silenzio mi sembra di poterti raggiungere nell’isolamento atroce in cui ti costringono. L’idea di vivere in un paese che permette che questo accada mi ripugna. Sono oscene queste maschere del potere interessate solo alle loro poltrone e ai loro portafogli. La corruzione in Italia è spaventosa, la politica ha perso qualsiasi ideale di giustizia e di uguaglianza.
E per voi giovani non c’è nulla, il vostro futuro è stato depredato da chi oggi vi giudica..né lavoro, né aria che si possa respirare, né terra pulita, né libertà. Dovete tacere , dovete subire, altrimenti essere incarcerati.
Carissimo Mattia, perché ti abbiamo insegnato il dovere di dissentire, di ribellarti davanti alle ingiustizie? Perché ti abbiamo trasmesso l’amore per l’umanità e per la Terra?
Non era meglio lasciarti crescere cullato dalla edificante “cultura” offerta dal nostro Paese negli ultimi vent’anni?
Sono certa che risponderai no, che preferisci mille volte essere chi sei e dove sei piuttosto che adeguarti a questo spettacolo raccapricciante offerto da chi esercita l’abuso di potere applaudendo gli assassini di Aldrovandi, rispondendo con i manganelli e la prigione ai movimenti popolari che nascono sulle necessità reali della gente, ignorate da chi dovrebbe cercare e trovare delle risposte.
Carissimo figlio, sabato 10 saremo tutti a Torino alla manifestazione contro la barbarie dell’accusa di terrorismo, contro la devastazione della Val di Susa, per la libertà di dissenso, per il diritto degli italiani a una esistenza dignitosa.
Ci saremo tutti e saremo tanti. Manifesterò tutto l’amore che provo per te, ma anche per Claudio, Chiara e Niccolò e la promessa è di non smettere mai di lottare fino a quando non vi riporteremo a casa.
Un abbraccio, mamma