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Niccolò, Claudio, Mattia, Lucio, Francesco e Graziano finalmente liberi!

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Finalmente Niccolò, Claudio e Mattia a seguito di istanza di scarcerazione sono liberi!

Parallelamente anche Lucio, Graziano e Francesco hanno fatto istanza e il giudice del loro procedimento ha deciso di liberarli, ma con la misura non detentiva dell’obbligo di dimora, a Milano e Lecce.

La situazione di Chiara invece è un po’ più complicata visto che alcuni mesi fa le è stata applicata dal tribunale  di Teramo la sorveglianza speciale che diventerebbe esecutiva qualora finisse gli attuali arresti domiciliari.

Di loro 7 e dei due diversi procedimenti con i quali la procura torinese avrebbe voluto far vincere il teorema del terrorismo abbiamo scritto molto in questi anni, denunciando il chiaro tentativo di rinchiudere la lotta No Tav dietro le sbarre, sperando di sfinirla e terrorizzarla.

Così non è stato ed insieme abbiamo percorso questo lungo cammino.

Lucio, Graziano, Francesco, Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia hanno lottato con coraggio e determinazione , dimostrando a tutti cosa è in grado di fare un cuore che si getta oltre l’ostacolo.

Non è ancora completamente finita, soprattutto per Chiara, ma gioiamo del sapervi quasi tutti liberi e vi aspettiamo qui per percorrere di nuovo insieme questi sentieri di libertà.

Libertà per tutti i No Tav!

23 aprile: prima udienza per Graziano, Lucio e Francesco – Dalle 9:00 PRESIDIO AL TRIBUNALE DI TORINO

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La prima udienza del processo per Lucio, Francesco e Graziano è stata fissata per domani e si svolgerà a porte chiuse al tribunale di Torino, dove i tre compagni saranno giudicati per i reati di danneggiamento a mezzo di incendio, violenza contro pubblico ufficiale, detenzione e trasporto di armi da guerra. La scelta dei tre compagni è stata quella di procedere con un rito abbreviato, da qui il cambio di data: non più il 19 marzo, come era stato diffuso precedentemente, bensì, appunto, il 23 aprile.

I tre hanno attentamente valutato la scelta di intraprendere un rito abbreviato, in accordo con gli avvocati, a partire da considerazioni tecniche, in rapporto al processo intorno al reato di terrorismo per i no tav. Come già noto, il processo ai tre si inserisce tra la sentenza per Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò del 17 dicembre e il probabile secondo grado di giudizio per i quattro, che potrebbe avvenire a partire dalla prossima estate, quando la procura di Torino tenterà di nuovo di avanzare l’accusa di terrorismo. Lo stesso tentativo anima il ricorso in cassazione, sempre ad opera dei due pm Rinaudo e Padalino, dopo che il tribunale del riesame aveva rigettato l’estensione anche per Lucio, Fra e Graziano dei reati di terrorismo. In questo rimbalzo di date certe e possibili, la scelta dell’abbreviato va nella direzione di voler considerare questo procedimento come parte di un progetto repressivo evidentemente più esteso.

LE LOTTE NON SI ARRESTANO,

LIBERTA’ PER TUTTI E TUTTE I NO TAV!

Le parole di Chiara, Claudio Mattia e Niccolò al processo

DSC_8633Di seguito la trascrizione delle parole di Chiara, Claudio Mattia e Niccolò al processo, al fondo il video

Conoscevo la Maddalena e la Val Clarea prima che ci venisse impiantato il cantiere dell’alta velocità. In quei boschi ho camminato, ho dormito, ho mangiato, ho cantato, ho ballato. In quei luoghi ho vissuto frammenti di vita preziosa insieme ad amici che ora non ci sono più e che porto nel cuore.
In quei luoghi sono tornato più volte negli anni.
Di giorno, di notte, di mattino, di sera; d’estate, d’inverno, in autunno e in primavera. Ho visto quei luoghi cambiare nel tempo, gli alberi cadere abbattuti a decine per fare spazio a siepi di acciaio spinato. Ho visto il cantiere crescere e un pezzo di bosco sparire, le torri-faro spuntare numerose e l’esercito arrivare a sorvegliare un desolato sterrato lunare con gli stessi mezzi blindati che pattugliano i monti afgani.
Così in Val Clarea son tornato una volta ancora in quella ormai celebre notte di maggio.
Molto, troppo, è stato detto e scritto su quella notte e non sta a me, né mi interessa, dire come si trascriva quel gesto nella grammatica del codice penale.
Quello che posso dire è che quella notte c’ero anch’io.
Che non fossi lì con l’intento di perseguire il terrore altrui o anche peggio, lo può capire qualsiasi persona dotata di buonsenso che abbia anche solo una lontana idea di quale sia la natura della lotta no-tav e quale il quadro di coordinate etiche all’interno del quale questa lotta esprime la sua ventennale resistenza.
Che fossi lì per manifestare una volta di più la mia radicale inimicizia verso quel cantiere e, se possibile, sabotarne il funzionamento, ve lo dico io stesso.
E se abbiamo deciso di prendere la parola oggi prima che questo processo si addentrasse nella selva delle perizie e delle controperizie vocali è proprio per affermare una semplice verità: quelle voci sono le nostre.
Su questo la procura ha costruito una storia.
Una storia in cui i cellulari diventano prove dell’esistenza di una catena di comando, addirittura di una pianificazione paramilitare, ma la verità -come spesso accade- è molto più semplice e meno roboante.
Esiste un motto in Val Susa che da anni è entrato nel bagaglio comune della lotta no tav e ne orienta nella pratica le azioni di disturbo al cantiere.
Questo motto è: “si parte e si torna insieme”. A significare che in questa lotta ci si muove insieme. Insieme si parte e insieme si torna.
Nessuno va lasciato indietro. A questo servivano i telefoni quella notte, a questo si sono prestate le nostre voci.
Parlare invece di capi, di organigrammi, di commando, di strateghi, significa voler proiettare su quell’evento l’ombra di un mondo che non ci appartiene e stravolgere il nostro stesso modo d’essere e di concepire l’agire comune.
Per quanto mi riguarda lascio agli entusiasti speculatori ad alta velocità il triste privilegio di non avere scrupolo della vita altrui, e a loro lascio anche il culto della guerra, del comando e del profitto ad ogni costo.
Noi ci teniamo stretti i valori della resistenza, della libertà, dell’amicizia e della condivisione e da questi cercheremo di trarre forza ovunque le conseguenze delle nostre scelte ci porteranno.

Mattia

La notte fra il 13 e il 14 maggio ho preso parte al sabotaggio avvenuto al cantiere della Maddalena a Chiomonte. Ecco svelato l’arcano.
Non mi stupisce che gli inquirenti nel tentativo di ricostruire i fatti usino parole come “assalto, attentato terroristico, gruppi paramilitari, armi micidiali”. Per chi è solito vivere e difendere una società fortemente gerarchizzata non può comprendere quello che è avvenuto negli ultimi anni in Val di Susa. Per descriverlo attingerà dalla propria cultura intrisa di termini bellici. Non è mia intenzione annoiarvi sui motivi per cui ho deciso di impegnarmi nella lotta contro il tav o su cosa significhi la difesa di quella valle, voglio solo sottolineare che qualsiasi cosa che abbia a che fare con guerra o eserciti mi fa ribrezzo.
Capisco lo sgomento dell’opinione pubblica e dei suoi affabulatori per la ricomparsa di questo illustre sconosciuto, il sabotaggio, dopo che si erano tanto spesi nel seppellirlo sotto quintali di menzogne.
Alla lotta contro il treno veloce il merito di aver rispolverato tale pratica, di aver saputo scegliere quando e come impiegarla e di essere riuscita a distinguere il giusto dal legale.
Alla lotta contro il treno veloce la grossa responsabilità di mantenere fede alle speranze che molti sfruttati ripongono in lei e di far assaporare ancora il gusto sapido del riscatto.
Mi permetto di rispedire alcune accuse al mittente. Siamo accusati di avere agito per colpire delle persone o quantomeno incuranti della loro presenza, come se provassimo profondo disprezzo per la vita altrui. Se c’è qualcuno che dimostra tale disprezzo è da ricercare nei militi che esportano pace e democrazia in giro per il mondo, gli stessi che presidiano con devozione e professionalità il cantiere della Maddalena. Per quanto concerne l’accusa di terrorismo non ho intenzione di difendermi. La solidarietà che abbiamo ricevuto dal giorno del nostro arresto ad oggi ha smontato a sufficienza un’incriminazione così ardita. Se dietro quest’operazione c’era il tentativo, non troppo velato, di chiudere i conti con la lotta no tav una volta per tutte, direi che è fallito miseramente.

Claudio

I motivi che mi hanno spinto in Val di Susa a prendere parte a questa lotta sono tanti; i motivi che mi hanno spinto a restare e continuare su questa strada sono ben di più.
In mezzo c’è un percorso di maturazione collettiva, di assemblee pubbliche e private, di campeggi e presidi, di confronto e scontro. In mezzo c’è la vita, quella di tutti i giorni, quella delle alzatacce e delle nottate insonni, della gola secca sui pendii rocciosi e dei pasti frugali, dei piccoli impegni e delle grandi emozioni.
In questo percorso chi lotta ha imparato la precisione del linguaggio, a chiamare le cose per quello che sono e non per l’involucro formale con cui si pubblicizzano, come un cantiere che prima era un fortino ed ora sta diventando una fortezza. Parole in grado di restituire il portato emotivo e l’impatto sulle proprie vite di determinate scelte della controparte, di chi ha deciso di invischiarsi in questa grande opera. Parole rispolverate da un lessico che sembrava antico e invece si riscoprono in tutta la loro potenza e semplicità nel descrivere le proprie azioni.
Un’accortezza di linguaggio che mi accorgo non essere così diffusa nel mondo circostante, quando leggo di improbabili “commando” che secondo una certa ricostruzione propinata anche dai giornali avrebbero assaltato il cantiere nella notte del 13 maggio. Una parola quanto mai infelice non solo per il suo richiamo all’atto del comandare ma anche per una certa allusione mercenaria, inaccettabile, di chi sarebbe disposto a qualsiasi mezzo pur di raggiungere il proprio fine.
Di contro chi lotta ha imparato a convogliare con intelligenza persino le passioni forti e irruente che nascevano dai tanti colpi subiti quando un amico perdeva un occhio per via di un lacrimogeno o un altro era in fin di vita.
Per quanto mi riguarda la Val Clarea mi è amica fin da quando nel 2011 rilanciavamo la terra a mani nude nei buchi scavati dalle ruspe durante gli allargamenti del cantiere.
Ricordo che tra le tende di quel campeggio eccheggiava una canzone, tra le tante inventate per divertirsi e darsi forza, sulle note di un vecchio canto partigiano. Il primo verso recitava “dai boschi di Giaglione uniti scenderemo….”. In questi anni molte volte è stato dato seguito e rilanciato quelle parole e qualcuno in quella notte di maggio ha deciso di farlo con altrettanta convinzione e io ero tra loro. Una delle voci dietro a quel telefono è la mia. Ma soffermarsi su una responsabilità personale per tesserne o meno le lodi non è in grado di restituire quel sentimento collettivo maturato nelle case di tante famiglie, di valle e di città, o tra una chiacchierata e una bevuta in un bar, nelle piazze e nelle strade, nei momenti conviviali come quelli più critici. Un sentimento che ha saputo esprimersi in uno degli slogan più gridati dopo i nostri arresti e che descrive bene la vera appartenenza di quel gesto: “dietro a quelle reti c’eravamo tutti…”. Uno slogan che ci riporta direttamente ad un assemblea popolare tenutasi a Bussoleno nel maggio 2013 con cui l’intero movimento salutava e accoglieva quel gesto chiamandolo sabotaggio.
E se dietro quelle reti c’eravamo tutti, dietro queste sbarre un pezzetto di ognuno ha saputo sostenerci e darci forza. Per questo, anche qui, qualunque siano le conseguenze delle nostre azioni, ad affrontarle non saremo soli.

Niccolò

In quest’aula non troverete le parole per raccontare quella notte di maggio.
Usate il linguaggio di una società abituata agli eserciti, alle conquiste, alla sopraffazione.
Gli attacchi militari e paramilitari, la violenza indiscriminata, le armi da guerra appartengono agli Stati e ai loro emulatori.
Noi abbiamo lanciato il cuore oltre la rassegnazione.
Abbiamo gettato un granello di sabbia nell’ingranaggio di un progresso il cui unico effetto è l’incessante distruzione del pianeta in cui viviamo.
C’ero quella notte ed è mia la voce femminile che è stata intercettata.
Ho attraversato un pezzo della mia vita insieme a tutti quegli uomini e a tutte quelle donne che da più di vent’anni oppongono un no inappellabile ad un’idea devastante di mondo. Ne sono fiera e felice.

Chiara

Lettera di una mamma al figlio “terrorista”

Lettera scritta dalla mamma di Mattia al figlio in carcere.

Carissimo figlio, perdonami se rendo pubblica questa lettera, ma ciò che ci accade non appartiene solo a noi. Tra pochi giorni sono cinque mesi che sei chiuso in carcere, tanta vita rubata. Sono centocinquanta lunghi giorni e centocinquanta lunghe notti di angoscia. Ti chiedo sempre di tenere duro, ma sono io che non ho più la forza. L’amarezza a tratti mi sommerge, lo sdegno mi ferma il respiro.
Mi sveglio di soprassalto ogni notte e nel silenzio mi sembra di poterti raggiungere nell’isolamento atroce in cui ti costringono. L’idea di vivere in un paese che permette che questo accada mi ripugna. Sono oscene queste maschere del potere interessate solo alle loro poltrone e ai loro portafogli. La corruzione in Italia è spaventosa, la politica ha perso qualsiasi ideale di giustizia e di uguaglianza.
E per voi giovani non c’è nulla, il vostro futuro è stato depredato da chi oggi vi giudica..né lavoro, né aria che si possa respirare, né terra pulita, né libertà. Dovete tacere , dovete subire, altrimenti essere incarcerati.
Carissimo Mattia, perché ti abbiamo insegnato il dovere di dissentire, di ribellarti davanti alle ingiustizie? Perché ti abbiamo trasmesso l’amore per l’umanità e per la Terra?
Non era meglio lasciarti crescere cullato dalla edificante “cultura” offerta dal nostro Paese negli ultimi vent’anni?
Sono certa che risponderai no, che preferisci mille volte essere chi sei e dove sei piuttosto che adeguarti a questo spettacolo raccapricciante offerto da chi esercita l’abuso di potere applaudendo gli assassini di Aldrovandi, rispondendo con i manganelli e la prigione ai movimenti popolari che nascono sulle necessità reali della gente, ignorate da chi dovrebbe cercare e trovare delle risposte.
Carissimo figlio, sabato 10 saremo tutti a Torino alla manifestazione contro la barbarie dell’accusa di terrorismo, contro la devastazione della Val di Susa, per la libertà di dissenso, per il diritto degli italiani a una esistenza dignitosa.
Ci saremo tutti e saremo tanti. Manifesterò tutto l’amore che provo per te, ma anche per Claudio, Chiara e Niccolò e la promessa è di non smettere mai di lottare fino a quando non vi riporteremo a casa.
Un abbraccio, mamma

#22FEBBRAIO: GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE E LOTTA NEI TERRITORI – BRESCIA

Il 22 febbraio ci troveremo alle 15:00 nel piazzale della Stazione Ferroviaria di Brescia per lottare insieme:

CONTRO L’ACCUSA DI TERRORISMO E LA CRIMINALIZZAZIONE DI CHI LOTTA

CONTRO LO SPERPERO DELLE RISORSE PUBBLICHE

PER LA LIBERAZIONE DI CHIARA, CLAUDIO, MATTIA E NICCOLO’ E DEGLI ALTRI NO TAV IMPUTATI E INDAGATI

PER RILANCIARE LA DIFESA DEL TERRITORIO E LE LOTTE LOCALI

PER UNA SOLA GRANDE OPERA: CASA, SALUTE E REDDITO PER TUTT*!

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Il 22 febbraio è stata lanciata dal Movimento No Tav una giornata di mobilitazione e lotta dislocata ognuno nel proprio territorio. Il lancio di questa data è stato indetto dalla necessità di rispondere alla gravissima situazione giuridica che si è venuta a creare con gli ultimi arresti e alla fantasiosa accusa di “terrorismo” formulata dalla procura di Torino.

Si parla di circa 600 imputati, più di un migliaio di indagati, decine di persone sottoposte a varie restrizioni (obbligo o divieto di dimora, foglio di via), multe da centinaia di migliaia di euro, un processo contro 53 NO TAV condotto in un’aula bunker, diversi attivisti da mesi agli arresti domiciliari.
In questi numeri si può leggere l’accanimento repressivo contro il movimento NO TAV a cui va aggiunto il nuovo capitolo “terrorismo”: in una delle tante passeggiate di lotta contro il cantiere di Chiomonte lo scorso agosto alcuni attivisti NO TAV sono stati indagati per “attentato con finalità di terrorismo”, e sottoposti per questo a misure restrittive e pene molto pesanti. Questo episodio per la Procura di Torino rappresenta un “attentato con finalità di terrorismo”, mentre per il movimento NO TAV si tratta di DIRITTO ALLA RESISTENZA.
Questa forzatura giuridica rappresenta quindi l’ultimo vergognoso tentativo di reprimere un movimento sociale che, in vent’anni di lotta, ha saputo produrre un’eccezionale patrimonio di saperi, di esperienze e di pratiche, trasformandolo di fatto in uno dei simboli della resistenza e della lotta contro le politiche di austerità. Una minaccia, quella contenuta in questo teorema giudiziario, che riguarda tutte le lotte sociali che in Italia contestano e si oppongono alle imposizioni del governo.
Ma nell’inchiesta della Procura torinese si va ben oltre: vengono utilizzati per la prima volta in Italia articoli che definiscono “terrorista” qualsiasi forma di resistenza a quanto deciso dai poteri economici e politici. Ogni imposizione dello Stato, secondo i Pm Rinaudo e Padalino, ammette tutt’al più la lamentela, ma non l’opposizione attiva. Insomma, in questo tentativo di attaccare frontalmente il movimento NO TAV si sperimentano dei modelli che potranno essere applicati in futuro ad ogni forma di dissenso reale.

Per rispondere a questa ondata repressiva il Movimento NO TAV ha convocato per il 22 febbraio una giornata nazionale di mobilitazione e di lotta ognuno nel proprio territorio destinata “a tutte quelle realtà che resistono e si battono contro lo spreco delle risorse pubbliche, contro la devastazione del territorio, per il diritto alla casa, per un lavoro dignitoso, sicuro e adeguatamente retribuito. Una mobilitazione comune in solidarietà ai compagni di lotta incarcerati, ai compagni di lotta già condannati, a quella innumerevole schiera di resistenti che ancora deve affrontare il giudizio per aver difeso i beni comuni, una giornata di lotta alla quale seguirà il 14 e 15 marzo un appuntamento a Roma per la difesa e la legittimità delle lotte sociali”.

Anche a Brescia quindi useremo questa giornata per denunciare anche nella nostra città la costruzione del TAV, l’ennesima inutile grande opera che inciderà sul martoriato territorio bresciano. Un’opera lontanissima da un qualsivoglia criterio di gestione sostenibile della mobilità, così come viene rappresentata da tutte quelle lobby economiche e forze politiche (sindaco di Brescia compreso) che ne sostengono la realizzazione. Ma bensì, rappresenta un enorme spreco di risorse pubbliche utilizzabili diversamente e, probabilmente, una delle più micidiali truffe organizzate nella storia recente di questo Paese, confezionataci direttamente dai soliti inciuci tra partiti, mafie e lobby economiche. Basti pensare alle vicende giudiziarie (corruzione, associazione a delinquere, smaltimenti illeciti) che coinvolgono Italferr, la ditta che ha in carico la progettazione e la realizzazione delle tratte bresciane, e le intercettazioni telefoniche che hanno portato all’arresto di uno dei boss dei rifiuti lombardi, Locatelli, già pronto a sotterrare scorie e veleni nei cantieri della tratta Treviglio – Brescia. Ultima, ma non meno importante, la costruzione del Tav rappresenta l’ennesima occasione per creare nuove povertà attraverso espropri, cantieri decennali, consumo di suolo e devastazione ambientale.

Denunceremo nuovamente anche il sistema delle grandi opere e dei grandi eventi che si sono rivelati nient’altro che una delle espressioni di quella “dittatura della finanza” che, anche attraverso le politiche di austerità, sta facendo pagare direttamente a tutti noi il dramma della crisi. Un sistema che arricchisce enormemente alcune, sempre più esigue, minoranze e, di fatto, toglie le basi materiali per condurre una vita dignitosa a fasce sempre più vaste di popolazione. Welfare, casa, sanità, istruzione, mobilità locale, bonifiche ambientali (ecc.) vengono relegate, ormai da anni, ad ultima voce di spesa nelle agende dei governi delle “larghe intese”.

Lo spirito di unità e determinazione percepito a seguito della mobilitazione del 20 gennaio a Brescia, dove lotte solo apparentemente lontane hanno saputo fare fronte comune e trovare reciprocamente forza nel sostenere le proprie vertenze, ci ha portati a dar vita insieme a diverse realtà bresciane un’altra giornata di lotta che denunci lo spreco di denaro pubblico e la devastazione che le grandi opere rappresentano per la nostra città e il suo territorio, denunciando nuovamente il biocidio in atto a Brescia e nella sua provincia, ma sopratutto per ribadire con forza il diritto naturale e costituzionale a resistere e ad opporsi alle scelte governative che tengono solo conto degli interessi dei potenti, delle lobby, delle banche e delle mafie a danno della popolazione.

Il 22 febbraio ci troveremo alle 15:00 nel piazzale della Stazione Ferroviaria di Brescia per lottare insieme:

CONTRO L’ACCUSA DI TERRORISMO E LA CRIMINALIZZAZIONE DI CHI LOTTA

CONTRO LO SPERPERO DELLE RISORSE PUBBLICHE

PER LA LIBERAZIONE DI CHIARA, CLAUDIO, MATTIA E NICCOLO’ E DEGLI ALTRI NO TAV IMPUTATI E INDAGATI

PER RILANCIARE LA DIFESA DEL TERRITORIO E LE LOTTE LOCALI

PER UNA SOLA GRANDE OPERA: CASA, SALUTE E REDDITO PER TUTT*!